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Insufficienza cardiaca


Deterioramento postoperatorio della funzione di pompa correlabile alla cardiopatia di base

Infarto miocardico acuto postoperatorio:
La sua incidenza dopo bypass aortocoronarico è compresa tra 1 e 5%. Complica solitamente interventi di chirurgia coronarica, associata o meno a chirurgia valvolare, e, in rari casi, interventi isolati di chirurgia valvolare, aortica o congenita.
Analogamente alla maggioranza dei casi di infarto acuto, il meccanismo resposabile è rappresentato, nella maggior parte dei casi, dalla trombosi coronarica o di un bypass.
Talvolta è invece possibile documentare una protezione miocardica insoddisfacente, lo spasmo di un bypass (specie in caso di innesti arteriosi liberi) o una stenosi in sede anastomotica. L’incidenza di spasmi in caso di alcuni innesti arteriosi per bypass aortocoronarico ha probabilmente rallentato lo sviluppo di questo tipo di chirurgia anche se, in tempi più recenti, l’infarto perioperatorio imputabile a tale meccanismo è divenuto molto raro per una migliore tecnica di preparazione dei condotti e per un ridotto impiego di innesti liberi arteriosi.
Essendo il dolore toracico un indice poco attendibile e di scarsa utilità clinica, la diagnosi di infarto perioperatorio si basa sul tracciato elettrocardiografico, su marcatori umorali (CPK-MB/CPK totali; troponina I) e sull’analisi ecocardiografica della cinesi segmentaria. La coronarografia, che viene indicata in relazione all’estensione dell’area ischemica e alle condizoni emodinamiche, conferma la diagnosi e consente di descrivere lo stato delle coronarie native e dei bypass.
A seconda dei casi sono variamnete impiegati gli antiaggreganti, l’eparina, l’angioplastica percutanea o il bypass aortocoronarico in urgenza.
Le conseguenze di un infarto perioperatorio sono funzione dell’estensione dell’infarto stesso e della funzione ventricolare sinistra residua. Il tasso di mortalità dopo tale complicanze resta non trascurabile.

Ridotta funzione ventricolare sinistra preoperatoria:
La presenza di una disfunzione ventricolare sinistra preoperatoria è un fattore di rischio di mortalità dopo interventi di cardiochirurgia. Tuttavia una frazione di eiezione preoperatoria inferiore al 30% non costituisce più una controindicazione operatoria. Vengono in tal modo sottoposti ad intervento pazienti con ridotta contrattilità ventricolare sinistra (F.E. < 30%), in particolare in chirugia valvolare aortica. I pazienti affetti da valvulopatia aortica e disfunzione ventricolare sinistra sono infatti tra quelli con prognosi più sfavorevole in assenza di trattamento chirurgico. Analogamente, vengono sempre più spesso candidati ad intervento di bypass aortocoronarico pazienti con ridotta funzione ventricolare sinistra in cui siano state documentate aree di vitalità miocardica con esame ecocardiografico da stress, scintigrafico o PET. In tali situazioni è prevedibile un decorso postoperatorio più complicato, che richiede un supporto inotopo farmacologico e, eventualmente, meccanico (contropulsatore aortico).

Tratto da APPUNTI DI CARDIOCHIRURGIA di Alessandra Di Mauro
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