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Mediastinite


Le mediastiniti sono eventi relativamente rari che complicano l’1-4% degli interventi cardiochirurgici. Le conseguenze sono severe con una mortalità che supera il 10%, una morbilità importante e una degenza ospedaliera prolungata.
I fattori di rischio di mediastinite sono l’obesità, il diabete insulino dipendente, l’utilizzo di entrambe le arterie mammarie interne, i reinterventi, l’impiego postoperatorio di farmaci inotropi (sindrome da bassa portata ostoperatoria) e la durata dell’intervento.
La diagnosi, talvolta difficile, si basa su diversi reperti clinici. È necessario differenziare l’infezione degli strati superficiali (cute e tessuto sottocutaneo) dalla mediastinite vera e propria (infezione endotoracica). La mediastinite si manifesta generalmente tra la X e la XV giornata postoperatoria anche se alcune forme possono essere clinicamente evidenti in tempi più brevi. I sintomi clinici sono: febbre, dolore, diastasi o scatto sternale ed in pazienti anziani disorientamento spazio-temporale o una vera e propria sindrome psichiatrica. Nei casi più gravi si assiste ad una evoluzione verso lo shock settico. L’esame fisico del paziente rivela, a livello della ferita, segni di infiammazione ed una secrezione purulenta, anche se quest’ultimo reperto può, in un primo tempo, essere assente. La diagnosi viene confermata dalla positività degli esami colturali eseguiti su pus prelevato dalla ferita (piani presternali, sterno, mediastino) o da emocolture. La tomografia computerizzata del torace non è di grande ausilio perchè non consente la diagnosi differenziale tra raccolte purulente e altri eventi infiammatori aspecifici.
I microrganismi più frequentemente isolati sono lo stafilococco e lo pseudomonas.

Fattori di rischio per mediastinite:

* Obesità
* Diabete insulino dipendente
* Reintervento
* Utilizzo di due arterie mammarie interne
* Durata dell’intervento
* Impiego perioperatorio di inotropi (bassa gittata)

La mediastinite è un’urgenza medico-chirurgica nella quale è spesso indicata la somministrazione di due o tre antibiotici per via endovenosa. La selezione dei farmaci, in un primo tempo, è affidata al solo senso clinico ed in seguito adattata al germe isolato con l’antibiogramma. Il trattamento si completa con la revisione chirurgica, l’evacuazione di raccolte purulente, il lavaggio del cavo mediastinico e la chiusura sternale con diversi drenaggi in aspirazione. Questi ultimi vengono rimossi al cessare dei processi essudativi e in presenza di esami colturali negativi.
In caso di fallimento di questo approccio terapeutico è possibile ricorrere alla trasposizione intratoracica del grande omento peduncolato o di un lembo di muscolo retto dell’addome o muscolo grande pettorale.
La prevenzione si basa sulla meticolosa disinfezione preoperatoria della cute del paziente, tricotomia, profilassi antibiotica endovenosa ed antisepsi topica prima dell’incisione cutanea.
L’utilizzo delle due arterie mammarie interne deve essere evitato in pazienti diabetici insulino-dipendenti.

Tratto da APPUNTI DI CARDIOCHIRURGIA di Alessandra Di Mauro
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