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Lavorazione e commercio delle botti nella Terra d'Otranto


L’olivicoltura e la viticoltura hanno costituito da sempre tanto una fonte di benessere quanto di miseria.
L’oliveto, che già dai primi anni dell’Ottocento occupava il 20 ℅ del paesaggio agrario, si estese rapidamente (cause estensione: clima e terreno favorevoli e richieste dall’estero) divenendo l’elemento caratterizzante della Terra d’Otranto. Questi oliveti erano al primo posto come superficie in Puglia ma non come fabbricazione. Infatti i sistemi di preparazione e di estrazione dell’olio erano alquanto esigui, causa questa di una produzione esclusivamente industriale. Tra i vari porti (San Cataldo, Taranto, Brindisi, Otranto) Gallipoli era quello che deteneva il primato, in quanto fornitore di olio diretto principalmente in Inghilterra e in Russia, utilizzato nelle manifatture e nei lanifici. Fu il 1862 l’anno di massima esportazione. Dopo gli anni 80 ci fu una durissima stasi produttiva a causa del:
- crescente settore della viticoltura;
-  invasione della dacus oleae (“mosca dell’olio” che distruggeva le olive);
- arrivo nel settore oleario dell’olio di cotone e dell’olio residuale usato come lubrificante;
- potenziamento della rete ferroviaria;
- concorrenza degli oli di seme;
- caduta dei prezzi sul mercato.
In Terra d’Otranto si potevano sfruttare il suolo, l’altitudine sul livello del mare, il clima, tutti requisiti favorevoli per lo sviluppo di un altro settore: la viticoltura. Quest’ultima aveva conosciuto una forte espansione all’epoca delle guerre tra veneziani, nel decennio dell’occupazione francese e a partire dal 1880 si era estesa rapidamente. Estensione però che conobbe un forte calo delle esportazioni e una notevole crisi sociale nel momento in cui ci fu la rottura commerciale con la Francia. La ripresa, però, fu rapida in quanto i vini della Terra d’Otranto erano molto richiesti (cause richiesta: materia colorante, alta gradazione alcolica, lunga conservazione e facilità nel trasporto).
Strettamente legata alla produzione e esportazione di olio e di vino era l’industria locale delle botti. La maggior parte della popolazione di Gallipoli erano bottai, facchini o pescatori, tutti mestieri dipendenti dal commercio. Le botti erano fabbricate con legno pregiato (proveniente dalla provincia di Salerno e da Castellammare) e cerchi di castagno (importati dalla Calabria). Tra le loro caratteristiche troviamo: resistenza, durata e tenuta stagna. Vi erano sia delle piccole fabbriche ( investimento di pochi capitali, mercato locale, produzione modesta, domanda ridotta) che delle grandi fabbriche ( investimento di molti capitali, organizzazione del lavoro soddisfacente). Nel 1878 le richieste delle botti diminuirono a causa della:
- Crisi olearia;
- Crisi vinicola;
- Concorrenza con altre fabbriche meridionali, quali Messina;
- Utilizzo delle prime navi cisterne.
La crisi economica fu motivo di rivolta, sciopero, agitazione da parte dei bottai, i quali provarono col fondare l’ “Associazione Operai dei Bottai” prima e la “Lega dei bottai” poi, senza risultati soddisfacenti. Per colmare il malcontento della classe operaia, dunque, le autorità locali offrirono loro la possibilità di lavorare per la costruzione del tronco ferroviario Zollino-Gallipoli o in altre opere pubbliche.
Per concludere, possiamo dire che di quel commercio non è rimasto per Gallipoli che l’onore.

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