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Demolizione del glicogeno

Il fegato e il muscolo sono i due tessuti in grado di conservare le maggiori quantità di glicogeno. Nel muscolo, la continua richiesta di ATP porta alla conversione del glicogeno in glucosio-6-fosfato (G6P) che entra nella glicolisi. Invece, bassi livelli di glucosio nel sangue inducono nel fegato la demolizione del glicogeno a G6P, che in questo caso viene idrolizzato a glucosio e rilasciato nel flusso sanguigno per mantenere costanti i livelli dello zucchero.
La demolizione del glicogeno necessita dell'azione di tre enzimi:

  1. La glicogeno fosforilasi catalizza la fosforolisi del glicogeno (rottura di un legame mediante la sostituzione di un gruppo fosforico) formando glucosio-1-fosfato (G1P): glicogeno (n residui) + Pi → glicogeno (n-1 residui) + G1P
  2. L'enzima deramificante rimuove le ramificazioni del glicogeno permettendo alla reazione della glicogeno fosforilasi di andare a compimento;
  3. La fosfoglucomutasi trasforma il G1P in G6P che può continuare lungo la via glicolitica (nel muscolo) oppure essere idrolizzato a glucosio libero (nel fegato). 
 

GLICOGENO FOSFORILASI

La glicogeno fosforilasi è un dimero che catalizza la tappa di controllo della demolizione del glicogeno. Essa viene regolata sia da interazioni allosteriche che da modificazioni covalenti. Questo processo genera due forme di fosforilasi: la fosforilasi a, che ha un gruppo fosforico, e la fosforilasi b, che è priva di gruppi fosforici. Gli inibitori allosterici della fosforilasi, ATP, G6P e glucosio, ed il suo attivatore allosterico, l'AMP, interagiscono in modo diverso con il defosfoenzima o con il fosfoenzima, generando un sistema di regolazione estremamente sensibile. Comunque, la reazione della fosforilasi determina la rottura del legane C(1)—O(1) di una unità glucosidica terminale non riducente del glicogeno formando G1P. In questo meccanismo abbiamo la formazione di un complesso ternario Pi-enzima-glicogeno, seguito dalla produzione di uno ione ossonio protetto intermedio, simile a quello che si genera nella reazione del lisozima, che porta anch'esso alla rottura di un legame in un polisaccaride. Lo ione ossonio a questo punto reagisce con il Pi per formare il prodotto G1P.
Tutte e due le subunità della glicogeno fosforilasi hanno un dominio N-terminale e un dominio C-terminale. Il primo comprende il sito della modificazione covalente, il sito di legame dell'effettore allosterico e il sito di legame del glicogeno. Il sito catalitico, invece, è situato al centro della subunità, molto vicino al dominio C-terminale. Il sito che lega il glicogeno è collegato al sito attivo da una lunga fessura e poiché questa può contenere una catena saccaridica di soli 4-5 residui di glucosio ed è stretta per permettere l'ingresso di oligosaccaridi ramificati, diventa facile comprendere come mai la fosforilasi è incapace di scindere legami di unità glucosidiche che distino meno di 5 residui da una ramificazione. La glicogeno fosforilasi contiene, inoltre, piridossal fosfato (PLP), un cofattore essenziale per l'attività catalitica dell'enzima grazie al suo gruppo fosforico che partecipa al processo catalitico. Quest'ultimo gruppo del PLP, che si trova nelle vicinanze del sito attivo della fosforilasi, ha la funzione di catalizzatore acido-base.
REGOLAZIONE ALLOSTERICA DELLA GLICOGENO FOSFORILASI
Quindi, la glicogeno fosforilasi è l'enzima chiave nella formazione di unità di glucosio dalle riserve di glicogeno nel muscolo e nel fegato quando è necessaria energia. Come tale la sua attività è strettamente regolata: in condizioni normali è regolata allostericamente, in caso di stress, invece, questi controlli allosterici possono essere sorpassati da una regolazione mediante modifica covalente. Il Pi si comporta come un effettore omotropico positivo per la glicogeno fosforilasi. Infatti, il suo legame all'enzima è altamente cooperativo, in modo da permettere all'attività catalitica di aumentare in corrispondenza di uno stretto intervallo di concentrazioni di Pi. L'ATP e il glucosio-6-fosfato sono, invece, effettori eterotropici negativi, infatti diminuiscono l'affinità della glicogeno fosfoliasi per il substrato Pi. Quindi, quando la [ATP] o [G6P] è elevata, la glicogeno fosforilasi è inibita, mentre quando la [ATP] e [G6P] sono basse, l'attività dell'enzima è regolata dalla disponibilità del suo substrato. L'AMP agisce, invece, con un effettore eterotropico positivo. Infatti, esso aumenta il legame del substrato Pi all'enzima legandosi allo stesso sito dell'ATP, ma stimolando la glicogeno fosforilasi anziché inibirla. Tutto questo perché livelli significativi di AMP indicano che lo stato di energia cellulare è basso e che dovrebbe essere prodotta più energia (ATP). Più in dettaglio, come sappiamo, la forma attiva dell'enzima è lo stato R e quella inattiva è lo stato T. L'AMP promuove la conversione allo stato T e l'ATP  e il G6P promuovono la conversione allo stato T inattivo. Nella transizione T → R un cambiamento conformazionale si verifica all'interfaccia fra le subunità, o meglio un cambiamento nel sito attivo, che è importante per la catalisi. Nello stato T un gruppo carico negativamente si affaccia nel sito attivo così che il legame del fosfato è sfavorito. Nella conversione allo stato R, il residuo negativo è allontanato dal sito attivo e sostituito da un residuo positivo, favorevole per il legami di Pi.

REGOLAZIONE MEDIANTE MODIFICAZIONE COVALENTE DELLA FOSFORILASI

La glicogeno fosforilasi esiste, come abbiamo detto, in due forme la fosforilasi a (più attiva) e la fosforilasi b (meno attiva). Una modifica covalente attraverso la fosforilazione del residuo Ser 14 nella glicogeno fosforilasi converte l'enzima da una forma meno attiva e regolata allostericamente (forma b) in una forma più attiva e meno sensibile alla regolazione allosterica (forma a). Questa reazione di fosforilazione è regolata da una cascata enzimatica molto complessa. Inoltre, gli inibitori allosterici della fosforilasi, ATP, G6P e il suo attivatore allosterico AMP, interagiscono in modo diverso con il defosfoenzima e il fosfoenzima generando un sistema di regolazione estremamente sensibile.
FOSFOGLUCOMUTASI
la fosfoglucomutasi trasforma il glucosio-1-fosfato in glucosio-6-fosfato, che si forma anche nella prima tappa della glicolisi. Il glucosio-6-fosfato può continuare lungo la via glicolitica nel muscolo o essere idrolizzato a glucosio libero nel fegato. Comunque, il meccanismo consiste in: un gruppo fosforico che viene trasferito dal fosfoenzima attivo, formando glucosio-1,6-bisfosfato che rifosforila poi l'enzima e si genera il glucosio-6-fosfato.

ENZIMA DI DERAMIFICAZIONE DEL GLICOGENO

L'enzima per la deramificazione del glicogeno agisce spostando un'unità trisaccaridica da una ramificazione “limite” del glicogeno ad un'estremità non riducente di un'altra ramificazione. Questa reazione forma un nuovo legame α(1→4) e rende le tre unità saccaridiche suscettibili alla fosforolisi catalizzata dalla fosforilasi. Il residuo glucosidico che resta legato alla catena principale con un legame α(1→6) viene staccato per idrolisi dallo stesso enzima deramificante generando glucosio libero e glicogeno deramificato. Quindi, l'enzima deramificante possiede siti attivi sia per la reazione transferasica sia per la reazione α(1→6) glicosidica.

Tratto da BIOCHIMICA di Domenico Azarnia Tehran
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