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La riparazione per escissione di nucleotidi

Il NER (Nucleotide Excision Repair) è un sistema di riparazione del DNA generale e versatile in quanto è stato identificato sia nei procarioti che negli eucarioti ed è in grado di rimuovere un'ampia gamma di danni, correlati alla capacità di determinare una distorsione notevole della molecola di DNA: I substrati biologicamente più rilevanti del NER sono i dimeri di pirimidina (CPD) e i (6-4) fotoprodotti, ossia le lesioni principali indotte sul DNA dai raggi UV. Altre lesioni rimosse dal NER sono gli addotti ingombranti, indotti dall'esposizione ad idrocarburi aromatici e i legami crociati inter- e intra-elica indotti da agenti antitumorali. Comunque in tutti gli organismi il NER si atta attraverso cinque tappe fondamentali: 1) riconoscimento del danno; 2) denaturazione locale del DNA e incisione del tratto danneggiato ad entrambi i lati della lesione; 3) excisione dell'oligonucleotide contenente il danno; 4) sintesi riparativa; 5) legame del tratto neosintetizzato alla molecola di DNA. Esistono, inoltre, due diverse modalità di intervento definite rispettivamente: riparazione accoppiata alla trascrizione ( Transcription Coupled Repair, TCR) e riparazione del genoma globale (Global Genome Repair, GGR), che differiscono sostanzialmente per le modalità e le attività coinvolte nella prima tappa del processo, ossia il riconoscimento del danno. In E. coli, la riparazione delle regioni silenti del genoma attuata dal GGR richiede l'intervento di quattro proteine. Le prime tappe del processo, durante le quali il danno viene riconosciuto ed inciso, sono attuate da un unico complesso enzimatico, detto complesso excinucleasico UvrABC, composto da tre distinte subunità. In presenza di ATP, due molecole di UvrA dimerizzano e interagiscono con una molecola di UvrB. Il complesso UvrA2B è in grado di legarsi al DNA e di riconoscere cambiamenti strutturali dovuti alla presenza di un danno. A questo punto, UvrB apre un tratto di cinque coppie di basi attorno alla lesione, favorendo il rilascio di A2. Da qui, la proteina UvrC si lega al complesso di preincisione e insieme al UvrB-DNA attua due incisioni sul filamento danneggiato. Si ha, in questo modo, il rilascio di un frammento contenente 12-13 basi a singolo filamento, che contiene anche il danno, ad opera della proteina UvrD o DNA elicasi II, che si lega in 5' vicino al sito di incisione e precede in direzione 5'→3' separando i due filamenti di DNA. La discontinuità risultante è contemporaneamente colmata dalla DNA polimerasi I che risintetizza il tratto mancante usando come stampo l'elica integra. Infine la DNA ligasi salda il tratto di nuova sintesi alla molecola di DNA. Nel TCR di E.coli, invece, è coinvolta una proteina detta Transcription Repair Coupling Factor (TRCF) che si lega al complesso della RNA polimerasi, bloccata dalla presenza di un danno sull'elica trascritta, e determina il rilascio del complesso stesso e del trascritto incompleto del DNA. Contemporaneamente TRCF, grazie alla sua affinità di legame per UvrA, richiama al sito danneggiato il complesso UrvA2B da cui tutto procede come nel caso precedentemente descritto della GGR sempre in E.coli. Il NER negli eucarioti, invece, opera attraverso le stesse tappe descritte per i procarioti, ma è caratterizzato da una maggiore complessità sia a livello biochimico che molecolare. Uno strumento di indagine sui meccanismi di questo sistema di riparazione sono stati i mutanti difettivi nel NER rappresentati dalle cellule di pazienti affetti da xeroderma pigmentosum (XP), della sindrome di Cockayne (CS) e dalla tricotiodistrofia (TTD). Il quadro che ne risulta è quello di un sistema estremamente complesso: sono infatti almeno trenta le proteine la cui azione coordinata è necessaria per portare a termine l'intero processo. Il primo fattore a intervenire nel GGR è l'eterodimero formato dai prodotti del gene XPC (mutato nei pazienti affetti da XP) e hHR23B. Il complesso XPC-hHR23B si lega al DNA danneggiato e, denaturando localmente un tratto di 8-10 nucleotidi, ne determina una modificazione conformazionale che richiama gli altri fattori dell'apparato riparativo. Una volta attuato il riconoscimento del danno, grazie all'attività coordinata di molteplici proteine che vanno sotto il nome di Replication Protein A, si forma una struttura definita complesso aperto. Quindi si apre una regione di circa 10-20 nucleotidi attorno al danno grazie alle attività DNA elicasiche, di due subunità XPB e XPD, in direzione 3'→5' e 5'→3'. A questo punto, la proteina XPG si posiziona al 3' del danno interagendo con TFIIH, una delle Replication Protein A. L'apertura del tratto è stabilizzata da XPA e RPA che aumentano l'affinità di legame col DNA e verificano la specificità del substrato. A questo punto XPG attua la prima incisione al 3' del danno e successivamente il complesso ERCC1-XPF, opera la seconda incisione al 5' della lesione. Si forma così un oligonucleotide di 25-30 nucleotidi che viene rimosso presumibilmente ancora legato ad uno o più componenti del complesso riparativo, mentre la regione a singola elica viene protetta da RPA. Successivamente la DNA polimerasi δ o ε risintetizza la sequenza excisa a partire da sito di incisione 5' della lesione, utilizzando come stampo l'elica complementare integra.  Nella riparazione accoppiata alla trascrizione (TCR), invece, abbiamo la presenza di tutte le proteine implicate nella GGR, ad eccezione del complesso  XPC-hHR23B. In questo contesto infatti è l'RNA polimerasi bloccata a livello del danno che determina nella struttura del DNA un'alterazione sufficiente per il reclutamento delle attività che operano nelle fasi successive al riconoscimento del danno. Nel TCR sono inoltre coinvolte in modo specifico le proteine CSA e CSB, la cui inattivazione è responsabile della sindrome di Cockayne.

Tratto da BIOLOGIA MOLECOLARE di Domenico Azarnia Tehran
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