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Colture cellulari primarie e colture stabilizzate

Una coltura cellulare deriva dalle cellule provenienti da un organo o da un tessuto. Tali cellule vengono immesse in appositi recipienti (bottiglie, capsule, fiasche di coltura) contenenti un appropriato mezzo liquido (terreno di colture) o semiliquido (gel) ed aderiscono al substrato o possono rimanere in sospensione. La maggioranza delle cellule tendono comunque ad attaccarsi alla superficie del recipiente e solo così possono sopravvivere e proliferare. In seguito alla proliferazione, le cellule giungono a contatto, occupando tutto lo spazio disponibile, per cui costituiscono un “tappeto” unico e continuo che viene definito coltura monostrato. Comunque, le cellule derivanti direttamente dal tessuto di origine costituiscono la coltura primaria che mostra ancora affinità con il tessuto da cui proviene, ma presenta crescita e sopravvivenza limitate. Si definisce, invece, coltura cellulare stabilizzata la condizione in cui è possibile mantenere e far crescere indefinitamente le cellule in coltura. Nella coltura primaria sono presenti cellule di tipo diverso; in seguito un tipo cellulare (in genere fibroblasti) tende a prevalere sugli altri. Si distinguono allora le linee cellulari vere e proprie che possono essere: colture a vita finita, in cui la linea cellulare è costituita da cellule con corredo cromosomico diploide e presenta una limitata possibilità di espansione nel tempo e sopravvive per circa 50 espansioni successive e in seguito decade, colture continue, in cui le linee cellulari per mutazione spontanea o ad opera di varie cause (radiazioni, virus, sostanze chimiche) hanno cellule che possono replicarsi indefinitamente in coltura, e infine, colture clonali, che si ottengono per mitosi da un'unica cellula e si usano quando è necessario avere un'elevata omogeneità tra le cellule. Un altra distinzione tra le colture cellulari può essere fatta con altri discriminanti, e avremo:
colture a breve termine e a lungo termine: nel primo caso le cellule si riproducono e poi muoiono, mentre nel secondo caso le cellule si dividono illimitatamente (ad esempio le linee stabilizzate), o comunque vanno incontro a molti cicli mitotici;
colture in monostrato: in cui le cellule epiteliali e connettivali di molti tessuti aderiscono alla superficie del recipiente che le contiene e l'adesione è necessaria alla sopravvivenza e alla proliferazione; successivamente rallentano la propria crescita per fenomeni di inibizione da contatto, oppure si staccano;
colture in sospensione: non necessitano di adesione al supporto (ad esempio cellule ematopoietiche o cellule tumorali);
colture massive: cellule di varia origine che si usano quando occorre un'elevata quantità di cellule (>109) ad esempio per la produzione di vaccini;
colture clonali: le cellule sono molto diluite e ognuna di esse si comporta come se fosse sola nel recipiente, per cui può riprodursi e originare una colonia o clone che si definisce come “una popolazione cellulare derivata da una singola cellula per mitosi”;
co-colture: sono colture di cellule diverse coltivate nello stesso recipiente, ad esempio epatociti e fibroblasti, ed è una tecnica utile per simulare un tessuto;
colture istiotipiche: simulano la tridimensionalità usando sferoidi o supporti porosi, ad esempio filtri di nitrocellulosa o policarbonato su cui le cellule si organizzano come in un tessuto; ciò si ottiene mantenendo in agitazione le cellule in modo da facilitare la formazione di aggregati sospesi, anziché favorirne l'adesione al substrato.
Se consideriamo l'andamento della coltura nel periodo che intercorre tra due successive espansioni si osserva una iniziale fase di latenza immediatamente successiva all'espansione, che mostra un numero di cellule stazionario; ciò avviene perché in questa fase le cellule devono assorbire lo stress conseguente alla manipolazione subita. Nella fase di crescita esponenziale o log-phase, le cellule si replicano attivamente aumentando rapidamente di numero. La fase stazionari ha luogo quando le cellule giungono a confluenza (cioè “a contatto”), per cui lo spazio disponibile non è più sufficiente per successive replicazioni. A questo punto le cellule non crescono più di numero o possono rendere ad “impilarsi” (quelle tumorali” perdendo la caratteristica della coltura monostrato. In ogni caso, tendono a staccarsi dal substrato. Se non si interviene con una nuova espansione si va incontro al decadimento della coltura. Comunque, le applicazioni delle colture cellulari in vitro sono oggi molto numerose, tre le principali si annoverano: biologia cellulare (controllo della crescita, del differenziamento, del metabolismo), biologia molecolare (espressione genica, struttura del genoma), farmacologia e tossicologia (studi di meccanismi d'azione), genetica ( isolamento e caratterizzazione di mutanti), oncologia (caratterizzazione dei tumori) e produzione di proteine (anticorpi monoclonali e ibridomi).

Tratto da BIOTECNOLOGIE CELLULARI di Domenico Azarnia Tehran
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