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La scoperta dell'umami e la produzione di amminoacidi

All'inizio del ventesimo secolo, il professore Kikunae Ikeda dell'università Imperiale di Tokyo, iniziò a pensare che vi era un gusto comune negli asparagi, nei pomodori, nel formaggio e nella carne ma non era uno dei quattro gusti conosciuti, ossia dolce, acido (aspro), amaro e salato. Allora, egli, nel 1907, iniziò i suoi studi per scoprire cosa fosse la sostanza che dava questo sapore ad alcune pietanze. Ikeda scoprì che la molecola che cercava era presente in una concentrazione molto elevata all'interno di un piatto tradizionale della cucina giapponese, un brodo fatto da kombu (un tipo di alga). Per tanto da un'enorme quantità di questo brodo riuscì ad estrarre cristalli di acido glutamico (glutammato). Quest'ultimo è un amminoacido presente in molte proteine ed è anche il responsabile del gusto che il professor Ikeda denominò “umami”. Grazie a questa scoperta, il glutammato monosodico, trattato opportunamente affinché abbia le stesse caratteristiche per esempio del sale o dello zucchero, ancora oggi è utilizzato per esaltare l'originale sapore degli alimenti (dado da cucina). In natura esistono due forme di glutammato: una forma “bound” (tenue) che possiamo trovare nelle proteine insieme ad altri amminoacidi e una forma “free” (libera) che si trova nella maggior parte delle piante e dei tessuti animali. Ed è proprio quest'ultima forma di acido glutamico che svolge il ruolo nel sapore di molti cibi, come ad esempio il formaggio e i pomodori maturi, in cui la concentrazione di glutammato aumenta con la loro maturazione. In generale comunque ogni amminoacido dona un gusto al cibo e la loro combinazione aumenta queste possibilità. Negli ultimi decenni lo studio della produzione di amminoacidi da parte di microrganismi ha fatto dei grandi passi. Molti scienziati sono riusciti a selezionale alcuni batteri che sono in grado di svolgere questo compito e di poter essere manipolati per incrementare al massimo la produzione industriale. Infatti, come sappiamo i microrganismi producono i 20 amminoacidi solo in quantità tali da poter essere utilizzati per la loro crescita e per la loro riproduzione. Per fare tutto questo, si avvalgono di un meccanismo regolatore, che può essere comunque modificato per produrre grandi quantità amminoacidi. Tutt'oggi l'industria si avvale di tre metodi per la produzione di grandi quantità di amminoacidi:
1.Nella fermentazione amminoacidica si utilizzano i microrganismi affinché loro stessi convertano i nutrienti forniti in un grande fermentatore in amminoacidi (metodo più usato in quanto a basso costo);
2.Nel metodo di reazione enzimatica vengono utilizzati appropriati enzimi per convertire precursori amminoacidici negli amminoacidi di nostro interesse;
3.Nel metodo di estrazione, invece, vengono degradate proteine naturali per estrarre i diversi amminoacidi che le compongono.

Tratto da BIOTECNOLOGIE MICROBICHE E AMBIENTALI di Domenico Azarnia Tehran
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