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Nuovo panorama in merito alla famiglia


L’universo familiare odierno è sempre più una “costellazione di famiglie” eterogenee nella struttura, nella tipologia, nelle relazioni, nella composizione formale.
Le indagini statistiche forniscono una indicazione delle trasfigurazioni in atto nell’universo familiare, che dovrebbe almeno far sorgere il dubbio sulla possibilità di utilizzo dell’idea precostituita di struttura familiare normale.
L’antropologia, forse prima di altre discipline, è riuscita a liberarsi da tale visione stereotipata; nell’attuale contesto sociale, una “cultura della differenza che riconosce la molteplicità e variabilità dei modi con cui le persone organizzano i propri rapporti primari”, si sta lentamente sostituendo alla cultura della devianza, che considera tutte le forme diverse da quella nucleare come incomplete, quando non portatrici di patologia.

La ricerca della tipicità, delle regolarità, inevitabilmente nega allo sguardo le originalità, l’unicità di quella famiglia. La famiglia richiede uno sguardo multidisciplinare.
Anche la genitorialità assume caratteri e veicola visioni. La genitorialità è intesa ancora oggi come il raggiungimento di uno status, di una meta, di un traguardo che l’uomo e la donna devono raggiungere per poter esercitare il proprio ruolo genitoriale, in una idilliaca situazione a forte valenza affettiva nella quale le (inevitabili) difficoltà sono viste come carenze che l’intervento educativo può eliminare.
Il genitore, in genere la madre, è vista come destinatario e non come partner, co-attore, dell’intervento formativo.
Partendo dal presupposto della mancanza del genitore e della famiglia, l’educatore ne valuta i bisogni intesi come vuoti da nel riempire, in una seconda fase individua le risposte a tali bisogni.
Le problematiche, le conflittualità, i momenti di crisi, il disagio, le carenze stesse, possono trovare una collocazione nella genitorialità “in situazione” se si assume uno sguardo processuale che riconosca alla famiglia un carattere complesso e in continuo divenire.
Non esiste un modo migliore di fare le cose, è possibile guardare alle diverse pratiche culturali senza necessariamente determinare quale sia quella giusta vera o migliore.
 
Adottare uno sguardo processuale permette di ricollocare il concetto di normalità, di tipicità, di norma (così come quelli di anormalità, patologia, devianza) in una dimensione evolutiva; sono concetti definiti culturalmente, non sono dati una volta per tutte, né è possibile stabilire una forma di maggiore veridicità nella definizione del concetto di una data epoca o cultura rispetto ad un’altra.
È il costruttivismo che propone un approccio al problema della conoscenza radicalmente diverso da quello tradizionale. Con il termine costruttivismo si indica un orientamento condiviso da diverse discipline secondo il quale la realtà non può essere considerata qualcosa di oggettivo, indipendente dal soggetto che ne fa esperienza, perché è il soggetto stesso che costruisce, crea, inventa ciò che ritiene realtà.
Con il costruttivismo crolla la possibilità di una conoscenza oggettiva. Adottare questa prospettiva significa assumere un punto di vista relazionale e dialogico. Significa osservare la famiglia come sistema complesso, caratterizzato da processi evolutivi di co-costruzione e presuppone uno sguardo consapevole della propria irriducibile parzialità.

Tratto da BRICOLAGE EDUCATIVI di Anna Bosetti
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