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Servizi per la Prima Infanzia in Lombardia


Nel nostro paese la famiglia è sola. È una solitudine che spinge la famiglia in due direzioni che si rafforzano vicendevolmente, da una parte l’isolamento sociale e dall’altra l’intolleranza. È quel processo che alla molteplicità di famiglie oppone un modello unico dai margini sempre più ristretti.
La politica sociale lombarda nel caso della legislazione per la primissima infanzia diventa sorda e cieca alle domande delle famiglie.
La consapevolezza delle famiglie verso i nuovi bisogni educativi e di socializzazione dei piccolissimi, la necessità e il desiderio delle madri di restare nel mondo del lavoro, le esigenze e le solitudini delle famiglie immigrate comportano una crescita enorme della domanda di asili nido.
L’Ente Pubblico, in questo caso la Regione Lombardia, risponde con altro e lo chiama nido.
Negli ultimi anni si usa sempre più spesso il termine “nido” (micro-nido, nido-famiglia, nido-condominiale) per designare servizi per la prima infanzia che poco hanno a che fare con l’asilo nido.
La Giunta della Regione Lombardia, con la DGR 20588 di febbraio 2005 — Requisiti dei servizi sociali per la prima infanzia — definisce i requisiti strutturali e gestionali per gli asili nido, i micro nidi, i nidi-famiglia e per i (non meglio specificati) “centri per la prima infanzia”; questi ultimi sono così definiti: Strutture similari all’Asilo Nido che offrono un servizio temporaneo di assistenza educativa e di socializzazione, accogliendo, in maniera non continuativa, bambini/e da zero a tre anni in numero non superiore a 30 eventualmente con la presenza di genitori e/o adulti di riferimento, e per un massimo di quattro ore consecutive.
Assistiamo al ritorno del concetto di “assistenza” che sebbene accompagnato dal termine educativo e socializzazione, richiama quei luoghi di “assistenza e custodia per i bambini di famiglie gravemente impedite di attendere alla loro cura”.
Dopo qualche mese dall’approvazione si è resa necessaria una Circolare Esplicativa, in cui la Giunta Regionale così si esprime: I centri per la prima infanzia sono da intendersi quali servizi che offrono, in modo non continuativo, le prestazioni educative che vengono offerte dal nido in modo continuativo. (...) la responsabilità dell’accadimento dei bambini attiene al personale operante nel centro prima infanzia (...) e non all’eventuale adulto che può essere ammesso quale accompagnatore del bambino.
Ma la Deliberazione 20588/2005 suscita altri interrogativi; le precedenti leggi nazionali e la quasi totalità delle leggi in vigore in altre regioni italiane pongono a tre mesi di vita il limite minimo d’età del bambino per l’accesso alle strutture comunitarie; molti asili nido inoltre scelgono di innalzare tale limite ai sei o nove mesi di vita. I bambini e le bambine lombardi possono invece accedere, credo gli unici in Italia, al centro prima infanzia e al nido-famiglia già dalla nascita — da zero mesi recita la citata delibera. Per quanto riguarda i requisiti relativi all’organizzazione degli spazi ai centri prima infanzia non è richiesta alcuna “suddivisione in moduli funzionali” (strutturazione degli spazi che consentano l’organizzazione delle diverse attività per gruppi ristretti e/o omogenei per età). Alla sezione “personale” si specifica che la gestione del centro deve essere affidata a due operatori, di cui almeno uno socio educativo (diploma di maturità magistrale, tecnico dei servizi sociali, vigilatrice d’infanzia) e l’altro può essere un volontario privo di titolo di studio specifico; il rapporto è quindi di un operatore qualificato ogni quindici bambini, o nel caso si utilizzi un volontario di uno a trenta (negli asili nido il rapporto è di un educatore ogni otto bambini, oltre al coordinatore con laurea, pediatra, ausiliarie, personale di cucina, addetti alle pulizie).
I bambini di tre mesi hanno delle necessità di attenzioni e cure, di spazi e tempi, di ritmi di alimentazione e sonno, di esigenze igieniche per il cambio, difficilmente conciliabili con quelle di bambini di tre anni e con rapporti numerici così alti.

Tratto da BRICOLAGE EDUCATIVI di Anna Bosetti
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