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Empatia e aggressività


In questa sezione la nostra attenzione si focalizzerà sul modello descritto da Bjorkqvist, Lagerspetz e Kaukiainen che, tra le altre cose, ha la peculiarità di considerare le varie forme di aggressività contestualizzandole in un’ottica evolutiva. Gli autori individuano tre fondamentali forme di aggressività:
• l’aggressività fisica diretta è la prima forma a comparire nell’infanzia, poiché è l’unica possibile quando le competenze verbali sono insufficienti per esprimere i propri stati d’animo. Le manifestazioni dell’aggressività fisica di tipo diretto sono evidenti e facilmente leggibili: picchiare o spintonare qualcuno, lanciargli contro degli oggetti, fare intenzionalmente un fallo in una partita di calcio ecc.;
• l’aggressività verbale diretta si aggiunge a quella fisica dal momento in cui i bambini acquisiscono una buona padronanza del linguaggio, come quando ci si rivolge a qualcun altro attribuendogli nomignoli sgradevoli, insultandolo, ridicolizzandolo ecc.;
• l’aggressività indiretta compare con l’acquisizione di abilità sociali sofisticate (social skills), che permettono ai bambini di manipolare le proprie reti sociali per danneggiare la persona oggetto della propria aggressività. Sono ascrivibili all’aggressività indiretta comportamenti come: fare amicizia con una persona per infastidirne un’altra, consigliare a qualcuno di evitare una particolare persona, spettegolare o diffondere voci negative sul conto di qualcuno.
L’aggressività dei maschi e delle femmine non è quantitativamente diversa, bensì viene espressa attraverso modalità differenti.
Più precisamente sarebbero discriminanti:
• la forza fisica: i maschi sono strutturalmente più forti delle femmine. Di conseguenza, per loro, mettere in atto forme di aggressione fisica diretta è più efficace e meno rischioso di quanto lo sia per le femmine;
• il livello di sviluppo cognitivo: intorno ai 10-11 anni, si sviluppano le abilità metacognitive che consentono di avere non solo un’idea della prospettiva dell’altro, ma anche della metaconoscenza che si ha dell’altro e che l’altro ha di noi e che sono necessarie alla messa in atto di forme di aggressione indiretta. Le femmine apprendono più celermente dei coetanei maschi tali abilità metacognitive;
• la struttura dei gruppi di amici: mentre i maschi socializzano preferibilmente in gruppi numerosi di amici in cui i legami interindividuali non sono molto stretti, le femmine prediligono gruppi di amicizie più esclusivi, a volte limitati a “un’amica del cuore”. Questo modo di vivere le amicizie diventa un terreno fertile per far attecchire strategie aggressive manipolative che coinvolgono le proprie reti sociali.
L’empatia modera l’aggressività?
Gli studiosi condividono un sostanziale accordo nel ritenete che l’empatia, a partite dalla fanciullezza, sia in grado di inibire le condotte aggressive fisiche e verbali, i comportamenti antisociali e criminali
Il ruolo della componente cognitiva: L’abilità di adottare la prospettiva di un’altra persona, soprattutto in situazioni conflittuali, permette al soggetto di avere maggiore comprensione e tolleranza della posizione altrui, rendendo di fatto meno probabile la messa in atto di un comportamento aggressivo.
Il ruolo della componente affettiva:  Rendersi conto che l’altro sta soffrendo e condividere questo sentimento non solo inibisce il perseverare nell’aggressione verbale, ma può indurre a modulare la propria condotta anche in situazioni future.

Tratto da CHE COS'È L'EMPATIA di Anna Bosetti
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