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La cancerogenesi a tappe multiple e i cambiamenti fenotipici nelle cellule tumorali

Come abbiamo già specificato, alla base della patogenesi del tumore ci sono delle mutazioni di determinati geni che controllano la proliferazione e la morte cellulare programmata. Le cause di queste mutazioni possono essere di tipo esogeno (agenti chimici, fisici o biologici) oppure endogeno (come mutazioni ereditarie, casuali, squilibri ormonali o agenti mutageni). In entrambi i casi le principali tappe evolutive sono principalmente tre: l'iniziazione, in cui delle mutazioni trasformano una cellula somatica in una cellula neoplastica latente, la promozione, in cui altri danni genomici causano la moltiplicazione della cellula neoplastica, e infine, la progressione, in cui ulteriori mutazioni conferiscono invasività e metastatizzazione ad alcune cellule della massa neoplastica che si è formata. A questo punto, nei tumori benigni, le cellule risultano essere caratterizzata da un autonomia moltiplicativa ma hanno caratteristiche morfologiche e funzionali inalterata  ed hanno una crescita più lenta nel sito di insorgenza. Al contrario, nei tumori maligni le cellule risultano essere atipiche dal punto di vista morfologico e funzionale e presentano un accrescimento molto rapido e sono in grado di invadere altri tessuti la cosiddetta metastasi. In natura esistono anche molti geni che contribuiscono all'insorgenza del cancro. Il primo gruppo di geni detti oncogeni, furono studiati nel 1910 da Peyton Rous. Egli studiò dei semplici retrovirus che contenevano quattro geni: gag, che codifica la proteina del capside del virione; pol, che codifica per la trascrittasi inversa (essendo virus a RNA hanno bisogno di quest'enzima per la sintesi del DNA); env, che codifica una proteina del rivestimento virale; v-src, che codifica una protein chinasi che si attacca alle membrane plasmatiche delle cellule infettate e può fosforilare molteplici proteine. Di questi quattro geni, solo uno, il gene v-src, è responsabile delle capacità del virus di indurre tumori. I geni che causano il cancro sono chiamati oncogeni. Studi su altri retrovirus che inducono tumori hanno portato all'identificazione di almeno 20 differenti oncogeni virali, di solito chiamati v-onc.
Ad esempio, l'oncogene RAS produce una proteina, RAS appunto,ancorata alla membrana plasmatica dal lato del citosol. Quando una cellula normale viene stimolata a proliferare attraverso un recettore di crescita, la proteina RAS inattiva (legata a GDP) viene attivata (e si lega a GTP). RAS attiva complessa la proteina RAF e stimola la via delle chinasi a trasmettere segnali al nucleo per l'attivazione di fattori trascrizionali. La proteina RAS mutante, invece, è permanentemente attiva perché ha una mutazione che la rende incapace di idrolizzare GTP. Ne deriva quindi una crescita proliferativa incontrollata. In generale, comunque, alcuni oncogeni codificano per particolari fattori di crescita, altri per proteine simili a recettori dei fattori di crescita e degli ormoni e altri ancora codificano per tirosin-chinasi che non attraversano la membrana plasmatica e quindi eseguono la loro attività fosforilativa al di fuori delle cellule. Infine, alcuni oncogeni codificano proteine che sembrino che funzionino come fattori trascrizionali. Tutte queste proteine stravolgono il normale equilibrio della cellula. In generale esistono tre tipi di cambiamenti fenotipici che distinguono le cellule tumorali dalle cellule normali. I primi sono i cambiamenti che producono crescita cellulare incontrollata. Come sappiamo la maggior parte delle cellule decidono di dividersi o no solamente in risposta a segnali provenienti dalle cellule circostanti, sia segnali positivi che stimolano la replicazione, sia segnali negativi che, invece, la arrestano. Molte cellule tumorali producono loro stesse segnali di stimolazione in un processo chiamato stimolazione autocrina e quindi proliferano in maniera incontrollata. Inoltre, mentre le cellule normali smettono di dividersi quando entrano in contatto con un'altra cellula comunicando anche attraverso le gap junction e  formando dei monostrati in coltura, le cellule tumorali hanno perso la proprietà dell'inibizione da contatto comprese le gap junction e quindi si arrampicano l'una sull'altra e producono strati dello spessore di molte cellule.
Un'altra caratteristica delle cellule tumorali è la loro resistenza all'apoptosi. Come sappiamo, l'apoptosi è la cosiddetta “morte cellulare programmata” in seguito a danni irreparabili dell'intero macchinario biosintetico della cellula. Questo processo porta al collasso degli scheletri citoplasmatici e nucleari, alla dispersione del citoplasma, alla degradazione dei cromosomi e alla frammentazione del nucleo in 30-120 min. Si è visto, invece, che nelle cellule tumorali, pur avendo acquisito numerose mutazioni, sono molto più resistenti delle cellule normali all'apoptosi. Inoltre, si è visto che in cellule in coltura l'inattivazione di proteine tumor-suppressor (ad esempio Rb o p53), conferisce alle cellule la capacità di non andare in senescenza e di continuare a dividersi per ulteriori generazioni, finchè non entrano in uno stato chiamato catastrofe mitotica. Alcune cellule superano questa crisi e diventano immortalizzate.
Per quanto riguarda, invece, i cambiamenti che producono instabilità genomica e cariotipica comprendono tassi di mutazione notevolmente aumentati in organismi mutati, difettivi nella riparazione del DNA, come dimostra la sindrome ereditaria dello xeroderma pigmentosum, in cui livelli elevati di mutazioni possono portare al cancro. Inoltre, il cariotipo delle cellule tumorali contiene dei grossi riarrangiamenti, come cromosomi rotti, con segmenti riattaccati ad altri cromosomi, o copie multiple di singoli cromosomi o addirittura delezioni di grandi segmenti o interi cromosomi. Infine troviamo, i cambiamenti che permettono al tumore di distruggere i tessuti circostanti ed invadere i tessuti distanti, come ad esempio la capacità di formare metastasi, in quanto le cellule tumorali acquisiscono la capacità di invadere i tessuti circostanti e anche di viaggiare attraverso la circolazione sanguigna sintetizzando una sostanza che fa crescere i vasi sanguigni verso di loro (angiogenesi), per colonizzare tessuti distanti. Inoltre, come sappiamo, molte cellule somatiche umane normali non esprimono l'enzima telomerasi, e questa mancanza di espressione impedisce loro di replicare efficacemente le sequenze situate ai telomeri, alle estremità dei cromosomi. Di conseguenza, dopo un certo numero di divisioni cellulari, i telomeri si accorciano al punto da contribuire alla senescenza della cellula e alla morte cellulare. Le cellule tumorali, invece, riacquistano la capacità di esprimere la telomerasi, una caratteristica che molto probabilmente contribuisce alla loro immortalità.

Tratto da CITOGENETICA E MUTAGENESI AMBIENTALE di Domenico Azarnia Tehran
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