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Siti fragili comuni del cariotipo umano

I siti fragili comuni si ritrovano in tutti gli individui sia sani che malati ma l'espressione del sito fragile è variabile nella popolazione. Essendo una parte strutturale dei cromosomi di tutti essi vengono indicati come costrizioni secondarie. I siti fragili comuni sono stati scoperti perché mentre si facevano studi sulla sindrome dell'X-fragile si vide che  alcune rotture specifiche cadevano sempre sulle stesse regioni cromosomiche sia sugli individui sani che su quelli malati (comuni=condivisi da tutti). Anche nel caso dei siti fragili comuni, è possibile classificarli a seconda di particolari agenti chimici che aumentano la loro espressione: l'afidicolina, inibitore della DNA polimerasi, la 5-azacitidina ,analogo della citosina incorporata nel DNA, e la BrdU, analogo della timidina incorporata nel DNA, anche qui ingombro sterico. In generale, a differenza dei siti fragili rari, i siti fragili comuni sono delle regioni molto estese (fino a 10Mb) quindi è molto più difficile analizzarle, e non comprendono minisatelliti o sequenze GCC da associare alle rotture, come nel caso dei siti fragili precedenti. Allora, per scoprire da cosa deriva la fragilità, si pensò di analizzare queste regioni su larga scala vedendo la loro struttura tridimensionale ed è stato visto che sono regioni ricche in AT, sono ricche di elementi ripetuti, e sono già di per sé delle regioni che replicano nella tarda fase S. Inoltre esse sono particolarmente flessibili a causa della presenza di numerose sequenze AT impilate che formano dei legami tra i tioli del DNA che fanno sì che questo sia più flessibile.
Tutto questo porta al modello proposto per l'espressione dei siti fragili comuni nel quale si pensa che tutte le caratteristiche citate prima fanno sì che a livello della regione fragile si formino delle strutture secondarie. A questo punto la polimerasi avanza, l'elicasi scioglie il DNA quindi si ottiene un DNA a singolo filamento particolarmente ricco in AT e la forca si blocca. Quindi può succedere che se la forca viene riparata e viene fatta ripartire e in fase M osservo una semplice decondensazione, se, invece, la forca collassa e non si riattiva si ha una vera e propria rottura a doppio filamento. Comunque, bisogna precisare, che tutti questi meccanismi avvengono in presenza di un inibitore come l'afidicolina.  
Il significato biologico ed evolutivo dei siti fragili comuni rimane enigmatico. Comunque, sono siti evolutivamente conservati, dal lievito ai mammiferi, ma potenzialmente dannosi per l’organismo.  Nell’ultimo decennio è stato ipotizzato un ruolo meccanicistico svolto dai siti fragili comuni nell’insorgenza e nella progressione tumorale. Infatti è stato visto che in seguito a trattamento con 16 mutageni e carcinogeni il 67% dei punti di rottura cromosomica coincide con la localizzazione di siti fragili.

Tratto da CITOGENETICA di Domenico Azarnia Tehran
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