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La critica come istituzione

La critica come istituzione




Chiedersi come la critica cinematografica funzioni nei termini di un sistema di dispersione significa vedere come essa si ritagli uno spazio definito all’interno delle pratiche culturali e determinare in modo più preciso possibile da quali forme di sapere sia maggiormente influenzata e determinata, quali tipo di informazioni culturali maggiormente accolga e riutilizzi, mettere sotto analisi le modalità di funzionamento del suo complesso apparato operativo, e verificare quali siano al suo interno i concetti e i temi più ricorrenti.
Esistono anche delle differenze, e non da poco, poiché esse riguardano il problema della diversità degli oggetti. L’insieme-critica può essere studiato in parte con gli strumenti con cui si affronta l’insieme-medicina, l’insieme-biologia, l’insieme-scienza naturale; ma solo in parte poiché in realtà la critica è assai diversa da esse.
L’elemento davvero determinante nell’instaurare un dubbio sulla completa compatibilità dell’archeologia e l’oggetto-critica è dato dal fatto che per Foucault, da subito, bisogna porsi in campi abbastanza ampi, in scale cronologiche abbastanza vaste.
La nozione di sistema di dispersione è qualcosa che indica un fenomeno puntuale e circoscrivibile; ogni formazione discorsiva presenta una ripartizione e le condizioni di esistenza e di scomparsa cui sono sottoposti gli elementi della ripartizione discorsiva sono dette regole di formazione.
La critica cinematografica ha avuto a disposizione pochi decenni per sedimentare quindi anche il metodo foucaultiano, che è quello più vicino ad una definizione in termini dispersivi delle pratiche culturali, risulta per essa troppo ordinato. Alla instabilità tradizionale offerta da famiglie di enunciati come la semiotica o la teoria del cinema, si deve aggiungere un’altra forma di incertezza data dal fatto che la critica non è un luogo dove si concentrano secondo un ordine più o meno preciso porzioni di cultura, non è uno spazio pieno di conoscenza, né un contenitore di sapere. È una zona di passaggio dei saperi più disparati: non una semplice famiglia di enunciati, ma una famiglia di famiglie di enunciati in cui l’instabilità ritrova fatalmente raddoppiata.
Il discorso dell’istituzione, del grado di istituzionalizzazione raggiungibile da una disciplina o da qualsiasi organizzazione socialmente strutturata, investe da vicino il problema del grado di identità sociale che è possibile attribuire all’organizzazione stessa. A sua volta la questione dell’identità può essere ricollegata a quella dell’identità dei singoli soggetti che hanno il potere di parola all’interno del gruppo disciplinare considerato.
Diventa quindi di primaria importanza interrogarsi su chi sia il soggetto della critica. Su questo piano, la critica, più che caratterizzarsi come uno stile discorsivo preciso, si caratterizza come quell’insieme di discorsi pronunciati da soggetti dotati di determinate competenze.
Potremmo chiederci cosa autorizza un soggetto a farsi soggetto di un’enunciazione di tipo critico. Per un medico è sempre possibile risalire ad un atto di investitura esplicito; lo stesso non si può dire per la figura del critico cinematografico. Le comunità di sapere ben strutturate in genere dispongono di sistemi per limitare l’accesso informativo al proprio corpo dottrinale, per scongiurare il pericolo che chiunque possa prendere la parola. La definizione in sé come gruppo dotato di una identità precisa dipende in gran parte da questa abilità che le comunità circoscritte dimostrano di avere nel limitare la circolazione di informazione.

Tratto da CRITICA CINEMATOGRAFICA di Nicola Giuseppe Scelsi
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