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La realtà di Meliès e Lumiere


Due personaggi in particolare evidenziano bene la dicotomia tra realtà obiettiva, da catturare in maniera distaccata, e realtà fantasiosa, che manipola la realtà oggettiva: Lumiere e Meliès. In apparenza si potrebbe dire che tutto è vero nei film di Lumiere, e tutto è inventato in quelli di Meliès. Per Lumiere, infatti, registrare la realtà è un’operazione di valore scientifico e documentario, un’azione da compiere con la consapevolezza che il mondo è un libro aperto e leggibile, come positivismo insegnava. In realtà i loro modi di fare cinema erano più simili di quanto essi stessi pensassero. Il materiale che Lumiere filmava (gente, strade, vita in generale) non era inquadrato da un occhio vergine, ma frutto di una scelta precisa, dipesa dai gesti, dal gusto e dalla preparazione dell’operatore e del regista. Il cinema di Meliès, di contro, pretendeva di rappresentare la fantasia con mezzi realissimi, come l’obiettivo della cinepresa. Entrambi, in sostanza, producevano film che non avevano alcun rapporto con la casualità e l’imprevedibilità del mondo.
Per questi motivi, un trentennio più tardi, Osip Brik avrebbe invocato il progresso tecnico: per poter filmare effettivamente i fatti reali. In realtà nemmeno Brik aveva colto interamente il problema, e il progresso tecnico si limitò a migliorare la qualità della pellicola, non a risolvere il dilemma di fondo del cinema.

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