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Immagini. La forza dell’enunciazione


Analizzato a grandi linee lo spazio sonoro (senza la presunzione di aver esaurito un argomento cosi vasto) si può passare allo spazio delle immagini. Fin dalla sua uscita, La Jetée non ha smesso di esercitare un discreto fascino su spettatori e critici. Non solo su chi si occupa di cinema
sperimentale ma anche su certa critica orientata alla psicologia alla semiotica che ha individuato in questo "fotoromanzo" la possibilità di aprire nuovi orizzonti sulla rappresentazione e sul linguaggio cinematografico.
Non potrebbe essere altrimenti. Quale miglior modo di mettere in scena il ricordo del resto? La Jetée è il montaggio allo stato puro, la trasposizione sullo schermo del fumetto. Tuttavia si ha l'impressione, guardando il film, che le immagini si muovano. Questo è possibile grazie al costante lavoro che la macchina da presa di Marker fa sulle foto. Si insinua nelle prospettive delle immagini, le dissolve e le incrocia rendendo la staticità estremamente mobile. La staticità tanto declamata non è poi così statica. Un esperimento estremo in teoria, tanto estremo da contraddire il principio stesso del cinema, che si rivela in pratica una soluzione stilistica perfetta.
Fissare delle immagini, proprio come si fissano nella nostra mente. Proprio come si è fissato il primo piano di Antoine Doinel di “I quattrocento colpi” ed ancora i freeze-frames di Jean Moreau in “Jules et Jim” di F. Truffaut, autore francese appartenente a quel movimento rinnovatore che fu la Nouvelle Vague al quale anche Marker viene talvolta accomunato.
In un articolo su La Jetée, Réda Bensmaia approfondisce l'aspetto visivo del film articolando la sua riflessione su quella figura pittorica denominata "pittogramna" . Per definizione il pittogramma è un disegno di vario tipo che riproduce il contenuto di un messaggio senza riferirsi ad alcuna forma linguistica parlata. Dunque un sistema che si basa su pittogrammi non ha bisogno di alcuna esplicazione linguistica poiché il messaggio è chiarito in modo esauriente dalle immagini. In particolare, riguardo a La Jetée, Bensmaia si riferisce alle lunghe dissolvenze che creano figure distorte e inumane. Funzionano come dei pittogrammi. Esprimono l'inesprimibile, la sofferenza, la disintegrazione del soggetto e l'orrore per la guerra nucleare, elementi che nel film non sono mai direttamente rappresentati. Solamente in queste dissolvenze quasi subliminali essi sono visibili tanto più che neanche l'onnipresente commentaire dice nulla al riguardo. In effetti le immagini non necessitano di ulteriori commenti. Esse ci parlano da sole proprio come dei pittogrammi.

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