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La lirica: un genere che si autogiustifica


Le componenti essenziali dell’opera sono sostanzialmente musica e linguaggio verbale, a cui possono essere riferite quasi tutte le altre polarità, libretto e partitura, poeta (letterato, autore del testo in versi) e compositore (autore delle musiche), intreccio drammatico (teatro) ed esibizione vocale (canto).
Non di rado il prima o il fuori della scena è raccontato da un coro melodicamente molto rapido e ritmato, musicalmente voluminoso e indecifrabile sul piano linguistico. Il racconto di eventi non rappresentati, quindi, se si fa, punta più a svelare l’animo del personaggio che narra o a stendere il colore del dramma che a trasmettere informazioni davvero utili. Tutto deve, possibilmente, accadere in scena, tanto che quello che non può accadervi viene preferibilmente omesso.
L’opera sbriga così rapidamente tutto quello che accade fuori scena e si dilunga invece sul commento emotivo.
Le scenografie accompagnano e assecondano un teatro che non esita a mettere in scena divinità ed emblemi astratti (la musica, la speranza, l’amore), figure gigantesche del mito pagano e di quello cristiano, personaggi del teatro di sempre, imperatori romani e guerrieri barbari. I re e le regine, i nobili e i condottieri, gli uomini di Stato e i loro figli saranno sempre protagonisti. Lusso dei costumi e ricchezza scenografica caratterizzano perciò l’opera italiana.
Le vicende e i personaggi che l’opera rappresenta non sono quasi mai frutto di una autonoma invenzione del teatro lirico. I testi dell’opera sono adattamenti di soggetti già letterariamente elaborati.
L’adattamento operistico di una fonte già letterariamente formattata comporta un intervento su di essa così invasivo, che il testo che ne risulta è davvero un’altra cosa, anche se le linee narrative e i protagonisti restano inalterati.
L’opera italiana di fine Ottocento fa appena in tempo a mostrare che il melodramma è compatibile con un realismo non diverso da quello dei romanzi, che deve cedere subito il posto a un genere nuovo, più idoneo a raccogliere la prosa del quotidiano e a metterla in scena e in musica. Il melodramma tragico cede al cinema e ancor più vi si arrende l’opera comica. L’opera italiana finisce; il cinema è il suo vero erede.

Tratto da DA MONTEVERDI A PUCCINI di Anna Bosetti
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