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La gestione del rischio nei servizi californiani per i minori


Al giorno d’oggi le strategie di assistenza sociale comprendono nei loro interventi anche l’educazione al rischio, al fine di rendere gli individui responsabili per la maggiore o minore avventatezza delle loro azioni e per le loro conseguenze.
Dal momento che i bambini sono considerati ancora incapaci di autogestirsi, gli operatori dei servizi per i minori si considerano impegnati in prima persona nella gestione del rischio di questi ultimi. Come parte di questa strategia, ai genitori dei bambini a rischio devono essere insegnate le competenze necessarie a guidare la propria famiglia. Nelle famiglie cambogiane a San Francisco, le tecniche del lavoro sociale che regolamentavano il corretto comportamento della famiglia e dell’individuo agivano soprattutto attraverso i colloqui, le confessioni e l’interiorizzazione delle norme e delle modalità di espressione di sé.
Il gruppo cambogiano di auto-aiuto forniva ai genitori in difficoltà un modello di lavoro sociale, insegnando loro a parlare dei propri problemi, a esprimere le proprie emozioni e ad assumersi le responsabilità legate alla gestione delle situazioni di rischio dei figli.
Il primo passo consisteva nel cercare di insegnare ai genitori rifugiati nuove tecniche per comunicare ai propri figli in modi che promuovessero la percezione di una certa autonomia all’interno di una libertà regolamentata.
I genitori cambogiani, tuttavia, avevano la sensazione che questi metodi riducessero ulteriormente la loro già traballante autorità verso i propri figli, e ribattevano che non era giusto permettere ai figli di assumere un ruolo paritario nelle decisioni che riguardavano la loro vita e il loro avvenire.
Gli operatori consigliavano ai genitori di tenere conto delle pressioni vissute dai figli, e di negoziare con loro allo scopo di anticipare e prevenire il rischio. Questa tecnica di gestione del rischio ricostruiva la natura dei genitori-utenti: cercava di riformarli, eliminando i loro atteggiamenti culturali riguardo a ciò che significava essere genitori, e sostituendoli con il ragionamento come modalità principale di interazione con i figli, i quali, in quanto americani, erano considerati soggetti razionali.

Ragazze a rischio
Forse, più che la perdita dei figli a causa del crack e delle rapine a mano armata, era la perdita del controllo sulla sessualità delle figlie a produrre una profonda angoscia e rabbia nei genitori. Una figlia che perdeva la verginità prima del matrimonio assestava all’onore della famiglia.
Le avventure sessuali dei ragazzi erano tollerate, anche se non incoraggiate, ma le ragazze che uscivano con i ragazzi o praticavano il sesso prima del matrimonio causavano l’umiliazione dei genitori perché significava che questi avevano perso il controllo sulle proprie figlie.
Il controllo sulle figlie e i maltrattamenti nei loro confronti erano il primo catalizzatore delle critiche degli operatori sociali ai genitori cambogiani e alla loro cultura, ed erano anche all’origine di divergenze e scontri di potere tra genitori e operatori sociali.
Gli operatori sociali e i terapeuti diffondevano norme di educazione dei figli tipiche del ceto medio, insieme a messaggi che potevano essere letti soltanto come una forma di “pulizia” culturale.

Tratto da DA RIFUGIATI A CITTADINI di Anna Bosetti
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