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L'obsolescenza dei fondamenti giuridici del matrimonio

Nel diritto romano il matrimonio si fondava su due elementi: l'uno formale e l'altro sostanziale. Il primo si integrava con la deductio in domum mariti, tramite l'atto concreto con il quale l'uomo conduceva la donna nella propria casa; il secondo si sostanziava nella maritalis affectio,  nel feeling che lega due persone. Ovvio che il diritto romano non potesse conoscere il valore dell'indissolubilità e il matrimonio finiva con il cessare della maritalis affectio. Toccherà al dominio barbaro sovvertire radicalmente il modello giuridico di riferimento, introducendo una visione diversa del rapporto uomo-donna, secondo questa visione la donna non ha autonomia rispetto all'uomo ma vi appartiene fin dal suo nascere. Tra le due tradizioni, Graziano sceglie la seconda, il matrimonio diventa una compravendita che si perfeziona con la consegna della cosa, ed in questo caso è rappresentata dalla consumazione carnale del matrimonio. 

Il pontefice Alessandro III suggerisce che il matrimonio è un contratto che si perfeziona con il consenso libero delle parti, anche se si distingue tra MATRIMONIO RATO (celebrato) e MATRIMONIO RATO E NON CONSUMATO. Entrambi sono indissolubili e perfetti, quello non consumato può essere sciolto dalla Chiesa nei casi previsti dalle sue norme. Quindi la trascrizione giuridica del matrimonio si configura come un contratto consensuale che diventerà anche formale. Per il diritto canonico il matrimonio è prima di ogni altra cosa un sacramento. Il matrimonio civile abbandona gli ancoraggi del diritto pubblico per essere assorbito nell'aerea del diritto privato. 

La nuova disciplina dei rapporti tra i coniugi ha indebolito l'aspetto istituzionale della famiglia fondata sul matrimonio, dando spazio a ridurre  l'importanza sociale dell'istituto e la discriminazione tra famiglia legittima e unioni di fatto. Ormai si sono accorciate le distanze tra convivenze di fatto e famiglie, equiparando lo status giuridico di figlio naturale a quello di figlio legittimo.  Il legislatore del codice del diritto canonico del 1917 aveva posto in primo piano le ragioni sacramentali e contrattuali del matrimonio sottraendo di fatto all'autonomia negoziale dei privati qualsiasi margine di intervento. 

Nell'ordinamento canonico mai viene meno l'idea e la realtà per la quale il matrimonio è e rimane un'istituzione garantita e protetta nella sfera del diritto pubblico della Chiesa. Quindi il matrimonio canonico continua ad essere, anche dopo le innovazioni portate dalla codificazione del 1983, quella società naturale permanente tra l'uomo e la donna vocata alla procreazione che Dio ha elevato alla dignità di sacramento. È il consenso la causa efficiente del matrimonio. Il Codice del 1983 colloca la definizione del consenso e della sua necessità per la costituzione del matrimonio in apertura dell'esposizione della disciplina matrimoniale, ed è racchiuso anche l'oggetto del foedus coniugalis, che ci dice che l'uomo e la donna non si scambiano solo il corpo al fine di procreare ma si impegnano reciprocamente in un'avventura esistenziale più complessa della mera dimensione fisica.
 I FINI che l'ordinamento canonico prefissava per il matrimonio erano due: la sedatio libidinis e la procreatio prolis, solo dopo si aggiunge il mutuum adiutorium, ovvero una sorta di reciproca solidarietà degli sposi che recupera in una teoria dei fini sessuofobica e riscattata dall'obbligo procreativo. La codificazione del 1917 stabilisce che esiste un fine primario rappresentato dalla procreatio atque educatio prolis e due fini secondari il mutuum adiutorium e il remedium concupiscientiae. Paolo VI, un papa a cui è toccato il compito di dare ordine a quanto il Vaticano II aveva posto sul terreno, intuisce che bisogna aprire la strada all'idea secondo la quale se è pur vero che il coronamento del matrimonio è la prole, resta vero che l'intima communitas vitae et amoris non è poggiata esclusivamente sulla procreativa. Il nuovo codice canonico stabilisce che i fini del matrimonio sono due: esso è ordinato al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole. Dalla redazione del codice del 1983 possiamo notare come sono spariti i BONA MATRIMONII, gli effetti tipici che venivano esplicitati nel diritto anteriore. La dottrina parla di una causa identificata nella comunione di vita materiale e spirituale che si instaura tra i coniugi. Dalla causa vanno distinti i motivi, che generalmente sono ritenuti irrilevanti per il diritto, a meno che non vengono dedotti come elementi accidentali assumendo la veste di condizioni, termini e modi. Tra le cause vengono annoverate le principale, la speranza della prole, e quelle secondarie identificate nelle ragioni personale che possono indurre al matrimonio.

Tratto da DIRITTO CANONICO di Alexandra Bozzanca
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