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Il comitato dei creditori

Il comitato dei creditori è un organo funzionalmente gestorio poiché autorizza il curatore ogni qualvolta è previsto dalla legge. Il curatore, per evitare di incappare nell'accusa di omissione previste dall'art. 36 chiederà il parere ai creditori anche quando non è previsto dalla legge. Art. 40: il comitato dei creditori è nominato dal giudice delegato entro 30 giorni dalla sentenza di fallimento. È composto da 3 o 5 membri creditori scelti sulla base di qualità (quindi privilegiati e chirografari) e quantità, sulla base delle possibilità di soddisfacimento. È una norma contraddittoria perché per tener conto di quantità e qualità dovrebbero far parte del comitato tutti i creditori ma naturalmente questo non è possibile. Inoltre la possibilità di soddisfacimento è maggiore per privilegiati. Ogni componente del comitato dei creditori può delegare l'espletamento delle proprie funzioni ad un soggetto che abbia i requisiti previsti dalla legge previa comunicazione al giudice delegato. Art. 41: dal dettato di quest'art. si vince il potere di cogestione del comitato con il curatore. Il comitato dei creditori può:
-  dare autorizzazioni;
-  esprimere pareri;
 - vigilare sul curatore;
-  chiedere notizie e chiarimenti.
Il compenso dei componenti del comitato dei creditori e solo eventuale, essi infatti hanno diritto solo a rimborso spese e per questo motivo non è un ruolo ambito. L'azione di responsabilità contro il curatore può essere espletata solo dal curatore che lo ha sostituito in quanto titolare della disponibilità del patrimonio. Per lo stesso motivo anche l'azione in ipotesi di responsabilità del comitato dei creditori viene esperita dal curatore, il quale però, in questo caso, dovrà chiedere l'autorizzazione al giudice delegato. Di solito:
- il comitato dei creditori autorizza gli atti di gestione (controllo di merito);
- il giudice delegato ha la funzione di vigilanza e controllo (controllo di legittimità).
In questo caso invece i 2 poteri si concentrano nelle mani del giudice delegato rischiando di compromettere la distinzione tra funzioni decisorie e di controllo. In caso di impossibilità di costituzione del comitato vi provvede il giudice delegato. Art. 125: il fallimento può chiudersi con una proposta di concordato che in questo caso non proviene dall'imprenditore in crisi e non vi è la presenza di una relazione dell'esperto, sostituita dal parere del curatore che funge da esperto interno. Anche in questo caso se c'è il comitato (che dovrà dare l’autorizzazione) il parere del giudice sarà un controllo di ritualità, legittimità. Per effetto dell'art. 41, se il comitato non c'è, il giudice delegato si ritrova ad approvare un piano concordatario che dovrebbe invece rimanere tra le parti.

Tratto da DIRITTO FALLIMENTARE di Salvatore Busico
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