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Minaccia e timore nella disciplina dei contratti


In tema di violenza morale, i requisiti previsti possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o, viceversa, mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, ed anche ad opera o iniziativa di un terzo.
Requisito indefettibile è, tuttavia, che la minaccia sia stata specificamente diretta al fine di estorcere il consenso per il negozio del quale si deduce l’annullabilità e risulti di tale natura da incidere, con efficienza causale concreta, sulla libertà di volizione del soggetto passivo.
Conseguentemente, la violenza si distingue dal timore e dalla rappresentazione interna di un pericolo di danno, anche se connessa a circostanze esterne.
La violenza per assurgere a causa di invalidità del contratto, deve concretarsi nella minaccia attuale di un male futuro, in quanto se la presentazione di un pericolo di danno non deriva dal comportamento del minacciante, bensì dalla considerazione di altre circostanze che sfuggono al dominio del medesimo, tale semplice metus ab intrinseco, ove anche incida sul processo formativo della volontà negoziale, facendo venire meno quella libertà di determinazione cui ogni contrattazione deve essere informata, non è idonea a invalidare il negozio.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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