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Climax

Definizione classica di climax: stadio finale della successione progressiva costituito da una vegetazione durevole e stabile, condizionata principalmente dalla situazione climatica ed in equilibrio con il clima (concetto proposto da Cowlws nel 1899 e sviluppato successivamente da Clements negli anni 20 del novecento).
Riguarda una situazione abbastanza teorica, verificabile come stadio finale di una serie mesarca (climatofila) in condizioni geomorfologiche con pendio lieve ed uniforme o in suolo pianeggiante di tipo idromorfo. Viene definito come climax climatico.
Oppure in modo più generale: vegetazione finale con struttura evoluta ma diversificata a seconda della situazione edafico –geomorfologica. Anche il suolo deve passare attraverso vari stadi di pedogenesi fino a raggiungere la massima complessità (climax edafici).
Il concetto di climax non va confuso con quello di vegetazione durevole; si denomina in questo modo la vegetazione (associazioni vegetali) di ambienti naturali in cui la serie dinamica progressiva rimane bloccata per svariati motivi in una fase più semplice rispetto a quella del climax possibile in quella zona e in quelle situazioni climatiche.
Se il blocco dell’evoluzione progressiva delle comunità vegetali dipende da fattori antropici o
zoogeni si parla di disclimax.

Vegetazione naturale potenziale

Secondo Clements, il climax, essendo lo stadio di maggiore complessità della vegetazione ed essendo in rapporto diretto col clima, che è uno solo in un determinato punto della superficie terrestre, sarebbe uno solo per un certo territorio.
Se consideriamo solo il climax climatico si deve accettare la teoria del monoclimax per un territorio, altrimenti se si inseriscono anche considerazioni edafiche viene accettata quella del policlimax.
Le critiche al concetto di climax sono numerose:
  • è un’astrazione poiché una vegetazione totalmente indisturbata non esiste
  • nelle foreste vergini , che dovrebbero essere le più vicine al climax, si osservano delle condizioni di notevole disordine
  • a vegetazione climax si stabilisce in tempi lunghissimi, anche di un millennio, durante il quale si verificano in genere cambiamenti climatici tali da alterare l’equilibrio clima-vegetazione.
Tüxen ha introdotto un nuovo concetto che nella pratica sostituisce in gran parte quello di climax: si tratta della vegetazione naturale potenziale; Essa rappresenta la vegetazione che tende naturalmente a formarsi in un certo luogo, indipendentemente che si tratti di climax o meno ed anche come conseguenza di processi di degradazione irreversibile.
Es: il climax delle colline a Nord di Roma è costituito dal Hieracio-Quercetum petraeaeche non può insediarsi sul greto del Tevere per mancanza di suoli evoluti e per la sommersione durante le piene. Qui quindi la serie evolutiva si arresta e la vegetazione è data da Phragmitetume da Alnetum glutinosae, che rappresentano la vegetazione naturale potenziale, riconoscibili sul terreno, capaci di dare indicazioni sulla potenzialità intesa in termini di produzione primaria del consorzio vegetale.

Le analisi effettuabili nello studio delle serie sono diverse e si attuano a seconda degli scopi del lavoro:
  • analisi a livello di popolazione e di specie: consentono di misurare l’incidenza delle singole specie nelle varie fasi di una serie. L’aumento o la diminuzione della frequenza di una specie è la conseguenza di variazioni ambientali naturali o antropiche. In generale le fasi pioniere sono relativamente povere di specie che aumentano nelle fasi mature, con molte eccezioni per cui non è corretto dire che lo sviluppo di una serie è accompagnato da un continuo aumento delle specie. Nella vegetazione Mediterranea il massimo di ricchezza floristica è presente nelle fasi di sviluppo della successione mentre negli stadi finali il n. delle specie tende a diminuire. Nelle problematiche di conservazione si deve tenere conto di questo fenomeno di possibile riduzione della ricchezza floristica: nelle riserve naturali infatti la vegetazione tende a ricostruire spontaneamente il bosco, di grande valore per il paesaggio e per la stabilizzazione dei versanti, e questo porta ad una riduzione della diversità floristica rispetto ad aree con radure . E’ utile mantenere una certa disomogeneità nel paesaggio, con attività moderate e pianificate ad es. di pascolo, per evitare la caduta di diversità. Occorre considerare anche da questo punto di vista la vegetazione che si considera normalmente degradata e che spesso è ricca di specie (anche di possibile utilizzo da parte dell’uomo dopo selezione).
  • analisi a livello di comunità: analizza le variazioni delle diverse componenti di ciascuna comunità nel divenire degli stadi della serie.
  • analisi a livello dell’ecosistema: il passaggio da fasi pioniere a fasi mature, estremamente complicato, è caratterizzato oltre che da aumento della complessità della vegetazione, da aumento dei vincoli reciproci fra i componenti e dalle variazioni di omeostasi e resilienza. Si registrano vere trasformazioni di unità di paesaggio.

Complesso di serie

L’evoluzione spontanea e progressiva della vegetazione può essere prevista studiando il territorio con metodo fitosociologico ed individuando le associazioni che si susseguono in un determinato territorio al variare delle condizioni climatiche, edafiche e di disturbo.
Più serie che iniziano come separate, ad es. su substrati diversi, possono confluire in un medesimo tipo di vegetazione matura e stabile, costituendo in questo modo un complesso di serie.
Complesso di serie è dunque una sequenza di vegetazioni diverse che, percorrendo differenti processi evolutivi, confluiscono in un’unica situazione finale stabile detta climax. (Es. Quercetum ilicis, gariga con Rosmarinus).

Successioni nei campi abbandonati
Un andamento abbastanza costante è la tendenza a mantenersi, dopo l’abbandono, della stessa associazione di infestanti propria dell’ambiente colturale.
Successivamente aumentano le specie bienni e perenni. Le specie annuali nel corso della successione (5-6 anni di controllo) tendono a diventare scarse.
Seguono specie arbustive e poi l’ ingresso di arboree del bosco.

Ricostruzione dei boschi come esempio di serie spaziale costituita da bosco e dalla vegetazione di margine: in questo caso di serie spaziale il gradiente ecologico è molto complesso e riguarda sia il microclima sia il grado di maturazione del terreno.
La serie occupa uno spazio ecotonale di passaggio dall’ambiente forestale a quello delle aree aperte circostanti.
Se l’utilizzazione delle aree circostanti il bosco viene spinta troppo a ridosso di quest’ultimo la serie ricostruttiva viene bloccata ed il bosco stenta a ricostituirsi.
In condizioni ideali fra bosco ed aree aperte si riconoscono le seguenti zonazioni:
  • bosco
  • mantello: striscia di vegetazione arbustiva che borda il bosco, gli arbusti del mantello sono fra i principali artefici della ricostruzione del bosco nelle aree aperte quando siano abbandonate dall’agricoltura o dal pascolo. Si riconoscono tre modelli di colonizzazione:
  • modello frontale, in cui si realizza l’espansione graduale del mantello;
  • modello dei nuclei, in cui si formano nuclei sparsi di arbusti lontani dal margine del bosco in particolari condizioni microclimatiche favorevoli;
  •  modello dispersivo con installazione diretta e diffusa di alberi ed arbusti su tutta l’area circostante al bosco; è il più raro perché nei nostri climi poche specie sono in grado di diffondersi senza una protezione microclimatica offerta dal mantello e da alberi isolati. In aree submontane e montane si può verificare una colonizzazione diffusa da parte di Juniperus communis su suoli abbastanza maturi e freschi.
  • orletto: stretta cintura di vegetazione erbacea sul limite esterno del mantello, in condizioni microclimatiche molto particolari;
  • prateria

Ripristino ambientale

Una corretta interpretazione delle serie di vegetazione costituisce la base degli interventi di restauro ambientale in ambienti degradati al fine di riportarli alla vegetazione naturale.
La ricostruzione, in assenza di disturbo, può avvenire anche spontaneamente, ma opportune semine ed impianti di specie edificatrici accelera il processo.
Questo è particolarmente auspicabile in paesaggi fortemente degradati come quelli delle miniere abbandonate, delle scarpate lungo strade e ferrovie, delle piste da sci, ecc.
Vanno usate solo le specie che fanno parte della flora locale d’alta montagna, mentre le sementi delle normali foraggere adatte a quote più basse danno risultati spesso insoddisfacenti. Nella miscela va riprodotta la composizione naturale delle associazioni di pascolo alpino.
L’obiettivo è quello di raggiungere una situazione stabile che bob necessita di continui interventi di mantenimento.

Ripristini ambientali: Tutti quegli interventi che hanno la finalità di agevolare la ripresa spontanea di meccanismi naturali per ricreare nel tempo forme e tipi di vegetazione caratteristici di un certo ambito territoriale precedenti la realizzazione dell’opera
Recupero ambientale (rehabilitation): insieme di intervent.i che favoriscono la ripresa della vegetazione autoctona preesistente.
Ripristino (restoration): si vuole ottenere una situazione identica a quella precedente il disturbo
Restauro: quando il danno è localizzato e richiede l’inserimento di singole unità o piccoli gruppi.
Riqualificazione ambientale: interventi in ambiti fortemente antropizzati

Disturbo: forza esterna che causa distruzione della struttura e/o alterazione della
funzionalità di un ecosistema (Pickett & White, 1985). La severità del disturbo è fortemente influenzata dalle caratteristiche del substrato ed è importante la conservazione del top soil organico, (ma non sempre sufficiente).
I disturbi si distinguono per:
Estensione (spatial scale):
  • localizzata (disboscamento selettivo, costruzione di un campeggio…)
  • estesa (sovra-pascolamento su larga scala, costruzione di una rete stradale
Durata (temporal scale):
  • limitata
  •  ricorrente e/o continua
Intensità
  • bassa (distruzione di una sola componente dell’ecosistema)
  • alta (distribuzione di tutte le componenti biotiche e alterazione del substrato e del regime idrico)
Inoltre, la severità del disturbo è anche influenzata dall’ambiente fisico, ovvero dal clima.
A seconda del tipo di disturbo decido come intervenire nel ripristino ambientale.
La severità del disturbo dipende anche dalle caratteristiche del substrato (non si può ricostruire un suolo in pochi anni). Importanti nel ripristino aono anche le caratteristiche del clima: a basse quote otengo buoni risultati in tempi brevi (c’è disponibilità idrica, il periodo vegetativo è lungo, assenza di vento forte e insolazione estivaa), mentre ad alte quote devo utilizzare specie con adattamenti idonei (erbacee, a rosetta, radici ben sviluppate, alta produzione di semi).
Importante è la conservazione del suolo superficiale. Nelle piste da sci, ad esempio, si fa scorticamento, poi si stocca il suolo in luoghi appositi proteggendolo con reti specifiche e alla fine della stagione sciistica si ridistribuisce. Gli inerbimenti delle piste hanno lo scopo di ricostituire rapidamente una cotica erbosa protettiva. Molto importante è il successivo monitoraggio.
Se, ad esempio, conosco in anticipo che danno fa una pista da sci, posso cercare di produrre sementi anche di specie autoctone per il successivo inerbimento.
Di norma il ripristino costa il 3-6% del costo dell’opera.

Caratteristiche del clima
  • Brevità del periodo vegetativo
  • Basse temperature
  • Disponibilità idrica limitata (fisica e fisiologica)
  • Vento
  • Forte insolazione (raggi UV-B)
Adattamenti delle piante negli ecosistemi di alta quota
  • Specie erbacee con forme a rosetta e cuscinetto, arbusti prostrati, rarissime le specie annuali.
  • Investimento nell’apparato radicale.
  • Produzione di semi molto variabile nel tempo e nello spazio.
Recupero del top soil:
Scoticamento
Stoccaggio
Ridistribuzione

Caso studio: inerbimento delle piste da sci

Inerbimento: costituire rapidamente una copertura erbacea protettiva favorendo il dinamismo naturale:
  • evoluzione del substrato
  • ricolonizzazione da parte delle specie spontanee;
Monitoraggio successivo
  • Dinamismo della vegetazione sulle piste seminate
  • Dinamismo delle proprietà del suolo
Scopi del lavoro
  • Rilevare, con metodo sincronico, il dinamismo naturale sulle piste da sci dopo inerbimento tecnico (copertura erbacea e composizione specifica)
  • Valutare lo sviluppo degli apparati radicali
  • Stimare le eventuali variazioni del substrato delle piste inerbite, in termini di stabilità strutturale all’azione erosiva dell’acqua
Le radici, insieme alle ife fungine e alla flora microbica ad esse associata, intervengono nella
formazione di aggregati di suolo (Tisdall e Oades, 1982; Oades, 1984; Miller e Jastrow, 1990)
Forma e dimensioni degli aggregati, quantità e natura dei composti organici che svolgono l’azione collante determinano la struttura del suolo e la sua resistenza nei confronti dell’azione erosiva esercitata dall’acqua e dal vento (Nearing et al., 1991).

Materiali e Metodi
Pista : 5 plots (3x3 m)
Esterno indisturbato: 5 plots (3x3 m)
• Copertura totale erbacea e muscinale (%)
• Specie presenti e copertura (%) di ciascuna
• Prelievo di campioni di suolo con cilindri carotatori (vol. = 220 cm3): 3 campioni/ plot /pista e 3 campioni/ plot /esterno
Analisi morfometrica delle radici
Analisi dell’immagine (Mac RHIZO v. 3.9): 3 campioni/ plot /pista 3 campioni/ plot /esterno
Determinazione della WAS per setacciatura ad umido

Conclusioni

Al di sopra del limite del bosco l’inerbimento delle piste con l’uso di tecniche agronomiche avanzate ha permesso la costituzione di una copertura erbacea sufficientemente densa anche 12 anni dopo la semina, fino a 2450 m circa.
Lo sviluppo delle radici nei suoli delle piste è quasi sempre ridotto rispetto a quello riscontrato nei pascoli adiacenti; anche il livello di aggregazione dei suoli si mantiene sempre molto
basso sulle piste rispetto a quello dei suoli indisturbati. L’assenza di dinamismo naturale sulle piste seminate corrisponde all’assenza di evoluzione del substrato che si mantiene in condizioni
fortemente alterate anche nelle piste più vecchie.
Solo le specie pioniere, colonizzatrici dei detriti si ritrovano sulle piste seminate da più tempo, soprattutto alle quote più elevate.

Tratto da ECOLOGIA VEGETALE - FITOSOCIOLOGIA di Marco Cavagnero
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