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Politiche antitrust e politiche di regolamentazione

Antitrust e regolazione sono due cose molto diverse tra di loro. L’antitrust si occupa di abusi commessi sul mercato, interviene ex post. La regolazione invece interviene in un contesto completamento diverso, ossia in presenza di fallimenti di mercato. Sono quindi tematiche completamente diverse. Si assomigliano per un certo verso e c’è un tipo di fallimento di mercato, rispetto al quale operano entrambe, ed è il monopolio naturale, dove interviene la regolazione ex ante che cerca di impedire gli effetti abusivi, ma c’è anche l’autorità della concorrenza del mercato che interviene ex post, qualora la regolazione non è riuscita a contrastare questi comportamenti abusivi, e quindi bisogna sanzionarli.
La regolazione riguarda ad esempio l’asimmetria informativa, cercando di ridurla con una serie di regole.
Queste sono tra le due principali politiche di economia industriale. È solo la scuola di Chicago che dice che l’antitrust non serve.
OBIETTIVO
L’obiettivo delle politiche antitrust è quello di evitare le conseguenze negative sui mercati e sulle imprese concorrenti che derivano dall’esistenza del potere di mercato. Nascono politiche di tutela della concorrenza che fissano delle regole per impedire quei comportamenti delle imprese, che servono ad esse ad aumentare le vendite, ostacolare l’ingresso dei rivali, intralciare in vari modo l’attività dei concorrenti. Oppure attraverso accordi volti a ridurre la concorrenza tra imprese. La politica antitrust cerca di promuovere quel processo di effettiva concorrenza attraverso il quale si massimizza il benessere sociale. l’obiettivo della politica di concorrenza è massimizzare il benessere sociale, evitando l’uso del potere di mercato, che avviene attraverso abusi.
I temi antitrust sono molto antichi (Sherman Act negli Stati Uniti nel 1890, anche se in realtà è nata prima in Canada). Però se leggiamo la letteratura scopriamo che la tendenza a creare monopoli si è manifestata costantemente nel corso della storia. Nei dialoghi di Platone sono riportate le condanne inferte durante la guerra del Peloponneso agli ateniesi che si erano accordati per fissare il prezzo del grano (oggi lo chiamiamo cartello). C’è quindi una sorta di ripetizione di questi comportamenti. Nel 1559 il tribunale di Londra vietò una clausola dello statuto della popolazione dei sarti che imponeva ai propri membri di dare in conto lavorazione i vestiti a persone non appartenenti alla corporazione e danneggiando quindi i lavoratori esterni. Al tempo del Re Sole gli accordi di fissazione dei prezzi erano considerati come furto. Nel 1889 i Canadesi per primi vararono una legge che punisce gli accordi restrittivi della concorrenza che è la prima legge antitrust conosciuta, che viene ampiamente superata dalla legge dello Sherman Act nel 1890 approvata dal Congresso degli Stati Uniti.
Il sistema americano era tutto governato da Common Low. Alcune imprese iniziarono ad avere posizioni dominanti, di fronte al tribunale si utilizzavano le regole del Common Low. Era molto difficile che una singola impresa danneggiata riuscisse ad ottenere ragione. Inoltre il tribunale non aveva alcun potere per far rispettare le sentenze. Quindi alla fine del 19° secolo si sente la necessità disciplinare, creare una normativa contro i trust. Questa esigenza trova una risposta in una legislatura che inizia nel 1888 quando i repubblicani (i conservatori) vinsero le elezioni. I repubblicani avevano anche delle motivazioni tattiche, perché c’era un problema di protezionismo rispetto ai produttori di acciaio europei, e quindi i repubblicani sentivano la necessità di difendere i loro produttori dall’industria tedesca e inglese, che era nata prima e che quindi era più competitiva. Presentarono quindi questa legge: i repubblicani volevano alzare i dazi sulle importazioni per difendere l’industria siderurgica nascente, però in cambio volevano una normativa contro i trust. Sherman si fa promotore di questo accordo, stipula una legge per dichiarare illegali i trust e fare degli accordi per restringere la produzione e il commercio. Diventò legge federale nel luglio del 1890. Si componeva di due sezioni: la prima sezione combatte due tipi di comportamenti, proibisce le intese a scapito dell’interesse pubblico come ad esempio accordi per la fissazione dei prezzi e proibisca la monopolizzazione e il tentativo di monopolizzazione di un mercato. È chiaro che ci si rende conto che questa legge non è soddisfacente. Innanzitutto non c’erano le risorse finanziarie e umane per far rispettare la legge. Ci fu tutta una serie di problematiche legate all’uso di questa normativa. Ci fu un grande caso iniziato nel 1907 che vide la Corte Suprema nel 1911, cioè di imporre che un trust venisse scorporato in 30 società indipendenti.
Nel 1914 il Clayton Act proibisce le politiche di esclusione, introduce il controllo delle acquisizioni e delle fusioni.
Ci furono successivi Act che aggiunsero pezzi di norma presenti oggi in tutte le normative del mondo.
L’Europa arriva tardi all’antitrust: la prima normativa è quella tedesca del 1956. La cultura europea non è una cultura del mercato, perché la storia europea è stata diversa dalla storia americana. L’Europa continentale invece è stata influenzata da culture stataliste e culture più favorevoli alla cooperazione che alla concorrenza. Questa struttura economica ha fortemente condizionato la cultura. In Francia, Germania e Italia il protezionismo statale, l’impresa pubblica, i diritti di esclusiva, il consorzio tra imprese private sono stati i fondamenti della regolazione economica dei mercati. In Italia il cartello veniva considerato come una delle manifestazioni dell’associazionismo privato e della libertà di commercio. L’estremizzazione più nefasta di questo è stata la Germania, in cui la concentrazione fra governo nazista e cartelli privati, è diventato uno degli strumenti della guerra e dello sterminio degli ebrei, perché lo sforzo bellico tedesco è stato appoggiato dall’industria siderurgica e chimica. È interessante che la prima consapevolezza delle considerazioni a favore del mercato, nascono in Germania. Un gruppo di intellettuali tedeschi hanno dato origine a una scuola, la Scuola Ordoliberista che è nata all’interno dell’università di Friburgo in Europa, ovviamente in maniera molto coperta. In questa università un gruppo di professori, mise a fuoco in termini intellettuali il tema del potere privato non legittimato e il tema dell’assoluta necessità di dare una solida cornice costituzionale all’economia concorrenziale per evitare che il potere non legittimato si formasse e legandosi al potere politico e creasse i disastri che ha portato il nazista. In questa scuola si sviluppa l’idea dell’economia sociale di mercato, che è stato il segreto del Miracolo tedesco e che è tutt’oggi il segreto dell’economia tedesca: un’economia di mercato, ma con tutele per cittadini e lavoratori sotto stretto controllo della legge. Gli ordolibersiti sono consapevoli che occorre frenare il potere politico quando si allea con il potere di mercato. È stata la Germania che introduce la legislazione antitrust nel 1957.
La declinazione operativa nel Parlamento tedesco non è stata lineare, perché la legge ha creato l’ufficio federale dei cartelli, però riservò al governo il potere di adottare decisioni in deroga in nome dell’interesse nazionale. Al governo sono affidati poteri in deroga, che possono scavalcare l’ufficio federale in nome dell’interesse nazionale.

Tratto da ECONOMIA INDUSTRIALE di Valentina Minerva
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