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L’ultima educazione


La morte, oggi, presenta due volti diversi: la morte a età anagrafiche precedenti la vecchiaia e la morte in vecchiaia.
La morte in vecchiaia è profondamente diversa dalle morti in età anagrafiche precedenti. Non è una morte ingiusta che coglie prima di quanto previsto e sperato, non è un nemico identificabile. È una morte naturalmente collocata nel momento del percorso di vita in cui deve avvenire.
La morte in vecchiaia presenta due aspetti: il primo è relativo al periodo in cui esiste come vaga o intensa presenza interna, senza alcun segnale che preannunci la morte fisica, in condizioni di piena autosufficienza, il secondo è relativo alla morte in condizioni di cronicità, quindi con maggiori richiami realistici all’esperienza della morte.
Tentare di ipotizzare delle azioni, anche in senso educativo, riguardo all’esperienza della morte in vecchiaia, comporta riprendere la collocazione della vecchiaia nel corso della vita il predisporre stimoli per non far precedere la morte fisica da quella sociale, relazionale e progettuale.
Poter affrontare il tema della morte è un segno dell’essere ancora in vita e del poter esercitare decisionalità e forme di controllo su un’esperienza che riguarda soprattutto il soggetto stesso.
Trovare una possibilità di ascolto rispetto al proprio funerale, al testamento, alla vestizione, comporta gettare la vita oltre la morte e rivendicare la propria centralità, non affidare esclusivamente ad altri la cura di sé, non sentirsi espropriati dall’esperienza.
Come si è detto, però, non tutte le morti si collocano in vecchiaia: esistono morti a età anagrafiche precedenti a quelle generalmente associate alla vecchiaia. Le morti improvvise, dovute a incidenti, a overdose, a patologie che producono esiti letali non attesi.

Tratto da EDUCAZIONE DEGLI ADULTI di Anna Bosetti
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