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Colture virali per analizzare i virus

Durante l'analisi di un virus, però, può essere utile ricorrere a delle colture virali per analizzarne specialmente le unità virali infettive. Per questo si usa il saggio delle placche. Si prende un monostrato cellulare e si infettano le cellule con la nostra sospensione virale. Per titolare il virus, la sospensione virale deve essere trattata in un certo modo poiché non conosciamo la quantità di virus che abbiamo in mano. Se abbiamo una piastra con diametro di 6 cm possiamo calcolare che, a livello di monostrato, possiamo avere da 5x105 a 5x106 cellule che formano il monostrato (in base alla dimensione delle cellule). Se da una cellula si formano mille o un milione di nuove particelle virali, possiamo avere numeri immensi come 5x108 virus, se vengono prodotti mille virus per cellula. Dalla nostra sospensione virale dobbiamo quindi fare varie diluizioni. Normalmente vengono operate diluizioni in base dieci. La diluizione 0 sarà 1 a 10, poi faremo 1 a 100, poi 1 a 1000 ecc... Con queste singole diluizioni andremo ad infettare delle repliche, cioè dei monostrati non infetti con le varie sospensioni virali diluite. Tutte verranno infettate un'ora a 37 gradi come abbiamo già visto. Successivamente si toglie l'inoculo virale e si mette sopra nuovo terreno in modo da far sviluppare il virus nelle cellule. Se mettiamo il nuovo terreno in forma liquida, i virus che sono entrati in queste cellule si replicano, e, quando vengono rilasciati nel mezzo, possono andare ad infettare anche cellule molto lontane sul monostrato. Il risultato sarebbe che dopo uno o due giorni avremo tutti i pozzetti uguali perché le cellule sarebbero state infettate tutte quante e quindi avrebbero tutte l'effetto citopatico. Anche le piastre con meno virus alla fine diventerebbero identiche alle altre perché il virus si diffonderebbe nel mezzo ed infetterebbe tutte le cellule. Bisogna quindi, dopo il periodo di adsorbimento virale, quindi dopo un'ora, aggiungere nuovo terreno di coltura reso semi-solido con l'aggiunta di addensanti come agarosio e metilcellulosa. Questo terreno semi-solido impedisce il salto di un virus da una cellula ad un'altra lontana. Il virus può quindi infettare solo cellule limitrofe e non cellule lontane. Durante il tempo di incubazione delle colture, dato che il virus si replica, sopra i monostrati si creano delle aree di lisi molto simili a quelle che avvengono con i batteriofagi sui batteri, solo che in questo caso sono cellule animali infettate e morte per infezione. Le varie zone di lisi possono essere rilevate facilmente colorando il monostrato con coloranti come il cristal-violetto. Le placche appariranno come aree perfettamente trasparenti, dato che le cellule sono morte. Per il saggio non si fa altro che contare le singole placche comparse sul monostrato, similmente ai batteri. Aumentando la diluizione diminuisce il numero delle placche dato che si riduce il numero di virus che hanno infettato il monostrato. Fare le diluizioni è importante in quanto così è possibile contare le placche, che altrimenti sarebbero centinaia. Contando il numero delle placche possiamo ottenere il titolo virale. Conoscendo il volume iniziale della sospensione virale che abbiamo fatto adsorbire possiamo determinare il titolo virale. Il titolo virale si ottiene facendo la media delle placche di lisi ottenute con le varie diluizioni. Infine, dato che generalmente si infetta con 0,5 ml di sospensione virale, il titolo virale ottenuto sarà moltiplicato per due (dato che la concentrazione è in ml), che poi verrà moltiplicato per l'inverso dell'ultima diluizione che forma placche (esempio 10-8 quindi moltiplichiamo per 108). L'unità è il PFU (unità formante placca)/ml. Questa è quindi la titolazione per placche.
Un altro metodo per la misurazione delle unità virali infettive, ossia i virioni che uccidono la cellula come ad esempio virus nudi litici oppure virus con envelope particolarmente aggressivi, si usa il saggio dei foci di infezione fluorescenti. Questo metodo è usato molto per titolare il retrovirus dell'HIV, che viene liberato dalla cellula ospite per gemmazione. Il problema che si riscontra nell'analizzare questo virus è che in vivo non produce placche quindi l'operatore è impossibilitato ad usare il saggio delle placche. Il saggio consiste, dunque, nel considerare delle cellule ospiti in agar dove all'interno è stato precedentemente trasportato un plasmide contenente un gene reporter, LacZ, che codifica per la β-galattosidasi di E.coli. Questo gene a sua volta è sotto controllo di un promotore dell'HIV (HIV LTR). Quindi se infettiamo le cellule con il virus dell'HIV, esso codifica per una proteina, HIV TAT, che attiva il regolatore e quindi viene codificato LacZ. Al posto di quest'ultimi possiamo aggiungere GFP, una proteina fluorescente. In questo saggio non osserveremo dei buchi ma in maniera colorimetrica vedremo nel caso di LacZ delle palline blu o nel caso di GFP useremo un microscopio a fluorescenza per evidenziare la suddetta proteina.

Tratto da ELEMENTI DI VIROLOGIA MOLECOLARE di Domenico Azarnia Tehran
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