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Cura per sè e per gli altri. Epitteto e Marco Aurelio



In Platone ci si curava di sé perchè era necessario occuparsi degli altri, e salvando gli altri si poteva salvare se stessi. Ora la cosa si rovescia: ci si cura di sé per se stessi, e i vantaggi degli altri sono un effetto. Partiamo dalla concezione epicurea dell'amicizia. Da un lato si esalta l’amicizia, dall’altro si dice che deriva dall'utilità. Alla fine l’amicizia epicurea è una forma della cura di sé. L’amicizia comincia con l’utilità, ma va scelta per se stessa. Diventa desiderabile in se stessa grazie a un equilibrio tra utilità e qualcosa di diverso dall'utilità. L’amicizia è desiderabile in quanto fa parte della felicità. Cos’è la felicità? Sapere che contro i mali che posson venirci dal mondo siamo sempre protetti. Nell’amicizia si cerca se stessi=la propria felicità. Ma il comportamento dev’esser reciproco. Ora dunque contro Platone l’amicizia epicurea resta confinata all’interno della cura di sé e include come garanzia di atarassia e di felicità la necessaria reciprocità delle amicizie.
Anche nella concezione stoica dell' essere comunitario vediamo tale inversione. In Epitteto la questione cura di sé - cura degli altri è sviluppata su 2 livelli: legame provvidenziale (il mondo è organizzato in modo che tutti i viventi cercano il proprio bene. La provvidenza, quando un vivente cerca il proprio bene, causa anche quello altrui). Quindi non è antisociale fare tutto per se stessi. 2) gli animali han molti vantaggi come la pelliccia. L’uomo è da Zeus affidato e abbandonato a se stesso, e deve assumersi come oggetto della propria cura per realizzare pienamente la sua natura di essere razionale. Dovrà interrogarsi sull’opportuno, su cosa dipende da lui e cosa no. Saprà occuparsi degli altri solo dunque in quanto si sia già occupato d se stesso. Ma è necessario seguire una scuola per questo.
Poi c’è il caso di Marco Aurelio, quello del principe, il cui intero essere dovrebbe esser orientato agli altri. Marco Aurelio suggerisce invece di cancellare dal suo comportamento ciò che potrebbe riferirsi alla specificità di una prerogativa propria del principe. Si assolveranno gli obblighi imperiali solo a condizione di sapersi comportare come un uomo qualunque. Esame di coscienza. Solo se avrà cura id se stesso potrà incontrare le occupazioni che gli competono in quanto imperatore. L’uomo moralmente buono è colui che si è fissato un obiettivo dal quale mai distogliersi e che gli dia i fondamenti del suo agire.

Tratto da ERMENEUTICA DEL SOGGETTO di Dario Gemini
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