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Gli aspetti della percezione cinematografica



Se la lingua è uno dei codici interni del linguaggio, si può egualmente considerare che esistono certi aspetti della percezione cinematografica che permettono allo spettatore di comprendere e leggere il film: il cinema lo si può considerare come un linguaggio, nella misura in cui esso ordina degli elementi significativi all’interno di ordinamenti regolati differenti da quelli che i nostri idiomi praticano, e che non sono nemmeno calchi degli insiemi percettivi che ci offre la realtà; l’intelligibilità del film passa attraverso un’articolazione, complessa e intrecciata in codici culturali e codici specializzati, che ha una funzione omologa a quella della lingua senza essere analoga ad essa, essendone piuttosto una sorta di equivalente funzionale. Ecco le tre istanze:

L’ANALOGIA PERCETTIVA

La vista e l’udito non identificano un oggetto a partire dalla totalità del suo aspetto sensibile: gli oggetti visuali riprodotti al cinema lo sono in assenza della terza dimensione, e tuttavia non pongono problemi di identificazione maggiori, e questo perché il riconoscimento visuale e sonoro si fonda su certi tratti sensibili dell’oggetto o della sua immagine, a esclusione degli altri. I tratti contenuti per esempio dal disegno schematizzato corrispondono esattamente a ciò che Eco chiama i tratti pertinenti dei codici di riconoscimento; esistono dei gradi di schematizzazione, vale a dire dei dosaggi differenti dei tratti pertinenti di riconoscimento e inversamente dei gradi di rassomiglianza o di iconicità: così l’immagine cinematografica possiede un grado superiore di iconicità rispetto all’immagine televisiva. È perché soltanto certi tratti sensibili contano per l’identificazione che manifestano visuali differenti in tutti gli altri tratti possono essere percepite come molti esemplari di un medesimo oggetto e non come oggetti distinti: lo schematismo è un principio mentale percettivo che eccede di molto il campo del semplice schema nel senso corrente del termine; la visione più concreta è i realtà un processo classificatorio, leggibile. Questa questione dell’analogia visuale e della somiglianza è classica nella teoria delle arti plastiche e nella sociologia della pittura, e nel cinema, malgrado il grado assai elevato di iconicità propria del suo significante, la prima comprensione dei dati audiovisivi è anche assicurata dall’insieme dei codici costitutivi dell’analogia.

I CODICI DI NOMINAZIONE ICONICA

Essi servono a nominare gli oggetti e i suoni. Questa nominazione, che sembra funzionare tramite corrispondenza tra oggetti e parole che servono a designarli, è in realtà un’operazione complessa, che pone in rapporto i tratti pertinenti visuali e i tratti pertinenti semantici: è un’operazione di transcodificazione tra questi tratti e una selezione di quelli che sono considerati come pertinenti, e un’eliminazione degli altri, considerati come irrilevanti; il tratto pertinente semantico corrisponde alla nozione di semema come la definisce Greimas, ossia il significato di una sola accezione di un lessema. Questa operazione di transcodificazione si accompagna ad un’altra relazione, che Metz definisce metacodica, in ragione del carattere particolare della lingua: un metacodice è un codice utilizzato per studiare un altro codice, come il metalinguaggio è il linguaggio che serve a studiare gli altri linguaggi; la dominazione completa la percezione in quanto essa la traduce, e una percezione insufficientemente verbalizzata non è pienamente una percezione nel senso sociale del termine.

LE FIGURE SIGNIFICANTI PROPRIAMENTE CINEMATOGRAFICHE

Esse strutturano in due gruppi i codici precedenti funzionando al di sopra dell’analogia fotografica o fonografica. Ma i codici di dominazione iconica non rendono conto da soli di tutti i sensi che un’immagine figurativa può produrre; il senso letterale è anche prodotto da altri codici, per esempio il montaggio nel senso più generale del termine ingloba allo stesso tempo i rapporti tra oggetti e al composizione interna di un’immagine, anche unica. Il senso denotato prodotto dall’analogia figurativa è il materiale di base del linguaggio cinematografico, quello su cui esso viene a sovrapporre i propri concatenamenti, che possono essere interni all’immagine oppure possono riguardare rapporti tra immagine e immagine.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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