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Il riconoscimento del cinema come arte

Il riconoscimento del cinema come arte



Le grammatiche del cinema si sono sviluppate essenzialmente dopo la Liberazione, quando la promozione artistica del cinema cominciava ad essere più globalmente riconosciuta; il cinema era dunque un’arte a tutti gli effetti, dotata di un linguaggio, di cui appariva necessario esplorarne le principali figure. Il cinema, prima arte veramente popolare per l’ampiezza del suo ascolto, doveva essere spiegata al grande pubblico che guardava film in tutta ingenuità, non senza tuttavia avere l’intuizione di un linguaggio. Questo movimento interessa soprattutto la Francia e L’Italia; il suo iniziatore tuttavia sembra essere stato il britannico Spottiswoode, autore già nel ’35 di una grammatica del film in cui sistematizza in una prospettiva didattica i recenti lavori di Ejzenstein e Arnheim: egli mette a punto una tavola di analisi delle strutture del film e una tavola di sintesi dei suoi effetti, ecc.
Nell’ambito francese i due autori certamente più noti sono Berthomieu e Bataille; Odin ha ben mostrato che il modello di queste grammatiche cinematografiche è costituito dalle grammatiche normative ad uso scolastico: in esse il linguaggio non è paragonato alla lingua ma alla letteratura. Si tratta dunque di conformare il linguaggio del film all’uso dei buoni autori, infatti lo scopo di una grammatica cinematografica e di permettere l’acquisizione di un buono stile cinematografico, ovvero uno stile armonioso tramite la conoscenza delle leggi fondamentali e delle regole immutabili che reggono la costruzione del film. Queste grammatiche forniscono una lista di imprecisioni e di errori gravi che è bene eliminare, a meno che il regista non cerchi di creare un effetto stilistico particolare; queste grammatiche funzionano dunque al modo normativo delle grammatiche tradizionali del linguaggio verbale, veicolando un’estetica analoga, quella della trasparenza e del realismo. Le analisi del linguaggio cinematografico proposte da tali grammatiche si ispirano abbastanza da vicino alle grammatiche delle lingue naturali; esse ne mutuano la terminologia e il percorso: partono dai piani (=parole), ne stilano la nomenclatura (le scale di piano),precisano il modo in cui essi devono essere strutturati in sequenze (= frase cinematografica), enumerano i segni di un’interpunzione. Ma gli autori di queste grammatiche sono tuttavia ben coscienti del carattere analogico della loro analisi: Bataille precisa per esempio che non v’è necessita di stabilire un preciso parallelismo tra i segni di interpunzione tipografica e i legami ottici, dal momento che la scelta di uno di questi legami non ha un carattere di obbligatorietà come quella di un segno di interpunzione; come constata Odin, queste grammatiche normative in definitiva non sono ne migliori ne peggiori di molte grammatiche scolastiche del linguaggio verbale, bisogna sapere che la loro prospettiva è più stilistica che propriamente grammaticale.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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