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L'ideologia del montaggio secondo Ejzenstein



Il montaggio sarà dunque il principio unico e centrale che fonda ogni produzione di significato, e che organizza tutti i significati parziali prodotti in un dato film; su questo punto Ejzenstein non smette di ritornare, dedicando per esempio tutta una parte del suo importante trattato di montaggio ’37-’40 a dimostrare che l’inquadratura non è che un caso particolare derivante dalla problematica generale del montaggio, in quanto l’inquadratura e la composizione del quadro, mirano prima di tutto a produrre senso. La tappa ultima della sua riflessione è da questo punto di vista, quella del contrappunto audiovisivo, espressione che mira a descrivere il cinema sonoro come gioco contrappuntistico generalizzato tra tutti gli elementi, tutti i parametri filmici: quelli dell’immagine come quelli del suono. Nella teoria ejzenteiniana i diversi elementi sonori partecipano ugualmente dell’immagine e, in modo relativamente autonomo da essa, alla costruzione del senso: essi potranno, a seconda dei casi, rinforzarla, contraddirla, o semplicemente fare un discorso parallelo.
Determinazione ultima di tutte le considerazioni sulla forma filmica è il fatto che questa forma ha il compito di influenzare, di plasmare lo spettatore; anche se il vocabolario ejzensteiniano ha subito enormi variazioni nel corso degli anni, la preoccupazione è sempre restata centrale, essenziale: l’importante è di rilevare che tutti i modelli che egli utilizza per descrivere l’attività psichica dello spettatore hanno in comune, malgrado la loro grande diversità, la presupposizione di una certa analogia tra i procedimenti formali nel film e il funzionamento del pensiero umano
Così, tutto contrappone Bazin e Ejzenstein, per quanto non vi siano tra i due contrapposizioni punto per punto, la contraddizione è molto più radicale, dato che tra i due sistemi non vi è nulla in comune: essi letteralmente non parlano della stessa cosa. Ciò che interessa Bazin è quasi esclusivamente la riproduzione fedele, obiettiva di una realtà che contiene tutto il proprio senso in se stessa, mentre Ejzenstein non concepisce il film se non come discorso articolato, assertivo, che non fa che fondarsi su un riferimento figurativo al reale.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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