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Naturalisti eleati. Parmenide, "Sulla natura"



PARMENIDE Scrisse un poema in esametri intitolato poi Sulla Natura. Il protagonista è lo stesso Parmenide che racconta di un viaggio da lui compiuto sotto la guida della divinità. Essa lo conduce a valicare la porta che divide la luce dalle tenebre e li incontra una dea che lo istruisce: egli allora impara che non si tratta più di partire da ciò che l’uomo può vedere per arrivare a ciò che non può vedere, ma di partire dal dominio di ciò che può essere detto e pensato per opporlo a ciò che non può esserlo. L’avvio è dato dalla disgiunzione: è o non è. Non è possibile affermare una terza cosa. Per cui la via consistente nel dire e pensare “ciò che è”, è quella percorribile; mentre la via che consiste nel dire e pensare “ciò che non è”, è una via non percorribile dall’uomo perché è impossibile dire o pensare “ciò che non è”. Attraverso questa considerazione  intuisce che spesso il parlare degli uomini è scorretto perché fa riferimento solo i sensi: parlare di vita e di morte sembra essere chiaro ai sensi ma non lo è alla ragione: per vivere bisogna prima non essere e per morire bisogna prima essere. In realtà dietro il concetto di essere parmenidiano ci stanno una molteplicità di significati, per cui va stabilito un legame necessario tra essere, linguaggio e pensiero. Volendo dimostrare quali sono le cose per cui si può dire e pensare che sono, egli applica il procedimento deduttivo ed in particolare la dimostrazione per assurdo. Mediante questo ragionamento egli dimostra che l’essere è immutabile, immobile, indivisibile, uno e finito.

Tratto da FILOSOFIA ANTICA di Carlo Cilia
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