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Filtrazione

La filtrazione del plasma nei tubuli renali rappresenta la prima tappa della formazione delle urine. Questo processo crea un filtrato molto simile al plasma, ma senza tutte le proteine plasmatiche, dunque il filtrato sarà costituito solo da acqua e soluti. La filtrazione avviene a livello del corpuscolo renale, costituiti dai capillari glomerulari circondati dalla capsula del Bowman. Le sostanze che lasciano il plasma devono attraversare tre diverse  barriere di filtrazione prima di raggiungere il lume tubulare: (1) La prima barriera è rappresentata dall'endotelio capillare. I capillari glomerulari sono capillari fenestrati, con grandi pori, che permettono alla maggior parte dei costituenti del plasma di filtrare attraverso l'endotelio. Tuttavia, i pori sono abbastanza piccoli da impedire agli elementi corpuscolari ematici di uscire dai capillari. Inoltre, proteine cariche negativamente alla superficie dei pori contribuiscono a respingere le proteine plasmatiche, anch'esse cariche negativamente; (2) La seconda barriera di filtrazione è costituita da uno strato privo di cellule formato da matrice extracellulare, detto lamina basale (o membrana basale), che separa l'endotelio dei capillari dal rivestimento epiteliale della capsula del Bowman. La lamina basale è costituita da glicoproteine cariche negativamente e da materiale simile al collagene che agiscono come filtro escludendo la maggior parte delle proteine plasmatiche; (3) La terza barriera è l'epitelio della capsula del Bowman. Quest'ultimo è costituito da speciali cellule chiamate podociti, che presentano delle lunghe estensioni citoplasmatiche chiamate pedicelli, che avvolgono i capillari glomerulari e s'intrecciano, determinando la formazione di strette fessure di filtrazione, chiuse da una membrana.
Questo processo di ultrafiltrazione è condizionato da tre forze:
1.La pressione idrostatica (PI) del sangue che scorre nei capillari glomerulari spinge il liquido a uscire attraverso l'endotelio fenestrato. Questa pressione ematica capillare è circa 55 mmHg e favorisce la filtrazione nella capsula di Bowman;
2.La pressione colloido-osmotica (π) all'interno dei capillari glomerulari è maggiore di quella del liquido nella capsula del Bowman. Tale gradiente di pressione è dovuto alla presenza di proteine nel plasma. Il gradiente di pressione osmotica è di circa 30 mmHg e favorisce il ritorno del liquido all'interno dei capillari;
3.La capsula del Bowman, a differenza dello spazio interstiziale, è uno spazio chiuso, perciò il liquido all'interno della capsula genera una pressione idrostatica (Pcb) che si oppone al passaggio di liquido nella capsula. La pressione idrostatica del liquido nella capsula è circa 15 mmHg e contrasta la filtrazione.
A questo punto sottraendo alla pressione idrostatica la pressione colloido osmotica e quella generata dal liquido nella capsula del Bowman (PI–π–Pcb = pressione netta di filtrazione) avremo la pressione netta di filtrazione che sarà di 10 mmHg nel verso favorente la filtrazione.
Il volume del liquido che filtra nella capsula del Bowman nell'unità di tempo è detto, invece, velocità di filtrazione glomerulare (VFG). Il valore medio della VFG è 125 mL/min, cioè 180 L/giorno, un valore enorme se si considera che il volume totale del plasma è di soli 3 litri. Questo significa che i reni filtrano l'intero volume plasmatico 60 volte al giorno! La VFG, pur rimanendo costante, è influenzata da due fattori: (1) la pressione netta di filtrazione, come appena descritto, e (2) il coefficiente di filtrazione. La prima è determinata principalmente dal flusso ematico renale e dalla pressione ematica. Il coefficiente di filtrazione dipende, invece, da due componenti: l'area della superficie dei capillari glomerulari disponibili per la filtrazione e la permeabilità dell'interfaccia che separa i capillari dalla capsula del Bowman.  La VFG, quindi, è controllata soprattutto mediante la regolazione del flusso ematico attraverso le arteriole renali. Se le resistenze delle arteriole renali aumentano a livello delle arteriole afferenti la pressione idrostatica diminuisce a valle della costrizione. Questo si riflette in una diminuzione della VFG. Se l'aumento delle resistenze avviene a livello delle arteriole efferenti, il sangue è “bloccato” a monte della costrizione e la pressione idrostatica nei capillari glomerulari aumenta. Di conseguenza aumenta anche la VFG.  La situazione opposta si ha quando si ha, invece, una diminuzione delle resistenze a livello dei due tipi di arteriole.  
Come abbiamo detto, la VFG, anche di fronte a normali fluttuazioni della pressione arteriosa, rimane costante. Questo processo di autoregolazione è molto complesso e coinvolge la risposta miogena e il feedback tubulo-glomerulare. La risposta miogena coinvolge le arteriole afferenti. Quando il muscolo liscio di queste arteriole è stirato dall'aumento della pressione arteriosa si aprono canali ionici sensibili allo stiramento, la cellula muscolare si depolarizza e quindi si contrae. La vasocostrizione aumenta la resistenza al flusso, in modo che questo diminuisca. Quindi, la diminuzione del flusso ematico determina una riduzione della pressione di filtrazione nel glomerulo. Il feedback tubulo-glomerulare, invece, rappresenta una via di controllo locale in cui il flusso di liquido all'interno del tubulo è in grado di influenzare la VFG. La porzione modificata dell'epitelio del tubulo è una placca di cellule detta macula densa. La parete adiacente dell'arteriola afferente contiene cellule muscolari lisce specializzate, dette cellule granulari. Quest'ultime secernano renina, un enzima coinvolto nel bilancio idrosalino. Quando l'apporto di NaCl a livello della macula densa aumenta a causa di un aumento della VFG, le cellule della macula densa inviano un messaggio paracrino alla vicina arteriola afferente. Quindi quest'ultima si contrae, aumentando le resistenze e diminuendo la VFG. Bisogna ricordare che anche diversi ormoni influenzano la resistenza arteriolare. Tra i più importanti vi sono l'angiotensina II, un potente vasocostrittore, e le prostaglandine, che sono vasodilatatori.

Tratto da FISIOLOGIA: UN APPROCCIO INTEGRATO di Domenico Azarnia Tehran
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