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La svolta cognitivista: la mente riscoperta


Anni 50/60 vivace dibattito in psicologia, nuovo modo di concepire l’uomo e studiarne il comportamento, si accentua l’interesse per processi cognitivi (leader del movimento Bruner più Chomsky)
 
Cognitivismo: si occupa del problema di come l’uomo raccoglie informazioni e conoscenze del mondo, come agisce nell’ambiente in base a queste conoscenze; scoprire i processi che sottostanno alle conoscenze, determinare le condizioni del loro formarsi e la loro funzione nel corso del comportamento.

La psicologia dello “human processing” (trattamento dell’informazione)
Al centro del cognitivismo c’è la mente, non il comportamento. Attività dell’organismo è una sequenza di azioni dotate di scopo e dirette a un fine e non come condotta diretta da stimoli esterni (S/R). anche se non si nega l’influenza dell’ambiente, si privilegia lo studio di meccanismi innati che presiedono all’organizzazione dell’esperienza.
La realtà fisica non è riscontrata immediatamente da realtà psichica: deriva da un processo di costruzione mentale (memoria, categorizzazione, scelta: operazioni del pensiero). Non abbiamo alcune accesso immediato al mondo, tutto ciò che conosciamo è mediato dagli organi di senso e dal sistema di interpretazione sensoriale: vedere, sentire, ricordare sono atti di costruzione.
Uso di modelli derivati da cibernetica per rappresentare i processi cognitivi (computer): dispositivi di ingresso dell’informazione e uscita del dato elaborato in base a richieste specifiche, memoria, centri di elaborazione che consentono verifiche e aggiustamenti.
Interesse per i processi è la nota dominante: il cognitivismo tende a ricostruire col massimo di dettagli possibili i passaggi con cui il materiale è elaborato e trasformato fino a ottenere un risultato percettivo o risposta; ogni attività dell’organismo richiede un certo numero di operazioni mentali con cui il materiale è elaborato.
Un problema affrontato: quantità d’informazioni che può giungere alla mente umana. L’uomo ha capacità limitata (teoria del filtro di Broadbent): vi è un filtro posto all’ingresso del sistema nervoso che impedisce che le informazioni in eccesso penetrino.

Tratto da FONDAMENTI TEORICI DI PSICOLOGIA SOCIALE di Antonella Bastone
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