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Stenosi da caustici


I caustici possono essere:

ALCALINI (pH > 11.5): idrossido di sodio e di potassio, ammoniaca, ossido di calcio
ACIDI (pH < 2.5): acido borico, formico, muriatico, tannico, cloridrico, solforico, fosforico, fluoridrico

L’ingestione di caustici è accidentale nei bambini; negli adulti avviene generalmente a scopo suicida. I caustici alcalini provocano a livello orofaringeo ed esofageo la NECROSI dei tessuti; le sostanze acide non provocano gravi lesioni a livello esofageo perché il pH alcalino presente nel lume tampona in parte l’acido ingerito; i danni più gravi si riscontrano a livello dello stomaco poiché qui la sostanza permane più a lungo causando lesioni estese in profondità e perforazione (peritonite). Importante è anche la caratteristica fisica dell’ingesto: gli agenti solidi aderiscono alla lingua, al palato e alla faringe determinando lesioni profonde a questo livello e non nei tratti sottostanti; i caustici liquidi invece transitano facilmente e rapidamente lungo l’esofago per poi accumularsi nell’antro gastrico.
Il coinvolgimento esofageo e gastrico può essere di tipo segmentario o totale. Nelle lesioni particolarmente gravi la necrosi può estendersi in profondità alla parete tracheale determinando una fistola esofago-tracheale (mortalità elevata se non diagnosticata in tempo).
La lesione provocata dall’ingesto va incontro ad un processo riparativo in cui si riconoscono 3 fasi:

Fase infiammatoria Acuta (primi giorni dopo l’evento lesivo, 5 gg). Caratterizzata da coagulazione tissutale, reazione infiammatoria, trombosi intravasale e infezione batterica secondaria.
Fase infiammatoria Subacuta (fino a 2 settimane dopo l’evento lesivo). Si verifica la lisi del materiale necrotico con sostituzione da parte del tessuto di granulazione.
Fase infiammatoria Cronica. Maturazione e retrazione del tessuto fibroso con formazione di stenosi cicatriziali di vario grado (cicatrizzazione).

A distanza di tempo, altri possibili conseguenze delle gravi esofagiti da caustico sono: insorgenza di tumori, discinesie, ernie iatali, reflusso gastroesofageo. E’ importante attivare un attento follow-up.
Quadro clinico: lesioni dell’epiglottide (dispnea, raucedine, afonia), disfagia, odinofagia, dolore retrosternale, vomito.
Diagnosi: anamnesi che accerti, insieme ai parenti, la natura dell’agente chimico ingerito; valutazione endoscopica.
Terapia: nella fase precoce è necessario fornire una terapia di supporto con una somministrazione per via parenterale di liquidi, antibiotici e steroidi. Nelle lesioni di 1° grado sono sufficienti farmaci antiacidi; in quelle di 2° grado gli antiacidi vanno accompagnati con corticosteroidi e il paziente va alimentato per via parenterale fino alla stabilizzazione delle lesioni; nelle lesioni di 3° grado sono necessari ulteriori accertamenti diagnostici: le indicazioni all’intervento chirurgico (esofagogastrectomia parziale o totale) sono stenosi estesa e persistente, fistole esofago-tracheali, comparsa di brachiesofago con conseguente esofagite da reflusso, displasia grave.

Tratto da GASTROENTEROLOGIA di Lucrezia Modesto
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