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Il rapporto centro-periferia di Genova in "Il filo dell'orizzonte"

Anche in questo romanzo la scena si svolge principalmente nel centro storico, dove Spino lavora, dove il racconto inizia e termina. Ma, come già detto, viene fornita una descrizione più ampia della città: dai quartieri dormitorio costruiti negli anni Sessanta, alle zone collinari, alle aree industriali del Ponente cittadino.
Nelle sue ricerche, infatti, Spino si muove nei diversi quartieri attraversando una zona molto più vasta di quella vissuta dalla Sascia di Maggiani o dai tre banditi di Un destino ridicolo (anche se spesso torna al porto, alla darsena, alla stazione marittima). Del resto siamo già agli inizi degli anni Ottanta e la città delle fabbriche si è fortemente sviluppata nelle sue zone periferiche.

Come in De André-Gennari e Maggiani, anche i due fidanzati Spino e Sara la sera vanno in un pub sulle alture, da cui si vede il porto di Genova: che qui però non è più tanto il simbolo della produttività della città (Maggiani), né il punto di approdo di marinai e delinquenti (De André-Gennari), ma, in una dimensione molto più onirica, il luogo del sogno della partenza: «Guarda verso il mare, una massa cupa che potrebbe essere la notte se i lumi immobili della navi in attesa di entrare il porto non sottolineassero il suo essere mare. “Come sarebbe bello partire, vero?”».

Anche Spino e Sara, questa volta per cercare gli indizi di cui lui ha bisogno, fanno una gita in corriera ad un santuario sulle alture: «Hanno preso la corriera in piazza del Parlasolo, sotto il campanile […] . Hanno infilato una strada larga che sale rapidamente con ampie volute, in pochi minuti si sono trovati a mezzacosta, già fuori città, lungo un antico acquedotto diroccato. E in un momento era già campagna […] .Sotto di loro guardavano il mare e la costa».

Anche per Tabucchi, questa è una città in salite, ma qui si introduce un nuovo mezzo di trasporto: gli ascensori che salgono fino alle colline (tanto cari al poeta genovese Caproni «Quando mi sarò deciso/ d’andarci, in paradiso / ci andrò con l’ascensore / di Castelletto» e forse anche a Tabucchi: nei suoi ascensori e nelle sue salite Genova assomiglia tanto a Lisbona): «Ha attraversato Piazza Vettovaglie ed è andato agli ascensori che salgono fino alle colline, oltre la cornice dei palazzi che fanno da bastione alla città. A quell’ora sugli ascensori non c’è nessuno, si riempiono nel tardo pomeriggio, quando la gente rientra a casa dal lavoro…». 

Tratto da GENOVA NELLA LETTERATURA di Isabella Baricchi
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