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L’Asia sudorientale

L’Asia sudorientale

Messi tutti assieme, gli stati del Sudest asiatico hanno una superficie che supera i 4 milioni di km2. L’Asia sudorientale è un insieme disordinato di penisole dalle coste frastagliate e di isole di ogni forma e dimensione. Questa incredibile irregolarità è però un fatto recente: durante le ultime glaciazioni esisteva anche qui, probabilmente, una vasta distesa di terre emerse e solo più tardi il mare le ricoprì in parte, incuneandosi tra le zone più elevate, separando la Malaysia e la Thailandia da Borneo e Giava.
La foresta occupa, a seconda dei paesi, dal 20 al 70% del territorio, ma ne occupava, un tempo, assai di più. Per secoli, i contadini le hanno pazientemente sottratto terreni da destinare alle coltivazioni. Ma è negli ultimi decenni che la deforestazione si è accelerata al punto da costituire una vera e propria catastrofe ecologica, non tanto per l’aumentata pressione demografica, quanto per l’incremento delle piantagioni e della produzione di legname per l’esportazione.
L’Asia sudorientale è essenzialmente una zona di passaggio:
dal mondo islamico e indiano al mondo cinese e giapponese
dall’Asia all’Oceania
Per millenni, popolazioni e culture diverse tra loro si sono incontrate qui; la stessa natura dell’Asia sudorientale la rendeva facilmente permeabile alle più diverse influenze  il suo estremo frazionamento geografico ne favoriva il frazionamento politico.
Dalla fine della Seconda guerra mondiale, l’Asia sudorientale è sempre stata una regione tra le più inquiete del mondo e le sue popolazioni hanno conosciuto grandi sofferenze: in nessuno dei suoi paesi la conquista dell’indipendenza è avvenuta pacificamente, senza spargimento di sangue. La ragione di una storia recente così drammatica sta non solo nella conflittualità presente a livello locale, ma anche nell’importanza degli interessi economici e strategici delle grandi potenze nell’Asia sudorientale. Con l’eccezione di Vietnam, Laos e Cambogia, quasi tutti gli altri paesi hanno coltivato rapporti preferenziali con gli USA, il mondo occidentale e il Giappone. Anche la Cina ha sempre esercitato una notevole influenza sulla regione, spesso in concorrenza con l’URSS.
Questi schieramenti tendono oggi a divenire meno rigidi e più flessibili, in connessione con la dissoluzione dell’URSS. Ma c’è anche una tendenza contraria: proprio il vuoto di potere apertosi nell’area con la diminuzione della potenza russa e americana induce in molti stati una serie di reciproci timori  quasi tutti gli stati sono assai impegnati nell’acquisto di armi, più o meno sofisticate.

L’Asia sudorientale è la terra del riso, ma grande importanza, nell’agricoltura di questi paesi, hanno anche le piantagioni di tè, di caffé, di tabacco, di canna da zucchero. Inoltre, le foreste forniscono legname di ogni tipo: bambù, sandalo, tek. Del caucciù, l’Asia sudorientale fornisce oggi l’80% dell’intera produzione mondiale; eppure, fino a un secolo fa l’albero della gomma qui neppure esisteva.
Il sottosuolo è piuttosto ricco: carbone, stagno, petrolio.
Nel suo insieme, tuttavia, l’Asia sudorientale resta ancora oggi una regione piuttosto povera, anche se molto diversificata al suo interno. La popolazione è, nella gran maggioranza, rurale, anche se si trovano qui 3 grandi metropoli mondiali: Giakarta, Manila, Bangkok.
In agricoltura, coesistono rapporti di proprietà arretrati, tecniche arcaiche e rendimenti assai deboli, accanto a ricche piantagioni. Tuttavia, i progressi degli ultimi anni hanno permesso ad alcuni paesi di conseguire l’autosufficienza alimentare e di diventare anche esportatori di prodotti agricoli.
Nell’ultimo decennio, poi, alcuni stati hanno conosciuto un promettente avvio di sviluppo industriale, le cui caratteristiche sono:
una manodopera a buon mercato e disciplinata
un arrivo massiccio di investimenti stranieri, attirati dal basso costo della manodopera e indirizzati non solo verso le industrie di punta, come informatica ed elettronica
una relativa stabilità politica e un forte ruolo dello stato nella regolamentazione dell’economia, spesso garantiti da governi autoritari
una forte intraprendenza economica
A questi elementi si uniscono, a volte, altri fattori più tradizionali:
una posizione geografica strategica
la presenza di materie prime e di fonti di energia.

Si è venuta attuando un’ulteriore diversificazione tra i paesi del Sudest asiatico:
1. Singapore sta a sé per le dimensioni dei suoi successi economici e sociali, confermati da tutti gli indicatori
2. Malaysia e Thailandia aspirano a entrare, in tempi brevi, tra le Tigri asiatiche, grazie a un consistente sviluppo industriale recente
3. Indonesia, Filippine e Vietnam, con buone potenzialità, nonostante i livelli di partenza siano molto bassi. Troviamo ovunque problemi di sovrappopolazione e strutture industriali limitate e arretrate, ma esistono grandi riserve di manodopera e buone risorse naturali
4. Birmania, Laos e Cambogia, i paesi più poveri, non sembrano per ora in grado di trarre consistenti benefici dal processo di sviluppo che sta investendo l’Asia sudorientale.

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Elisa Bertacin
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