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La committenza artistica di Paolo III


Per Paolo III, la committenza artistica fu non solo un modo di far politica. Il bilancio, pur limitato alla sola Roma, è imponente e mostra un rapporto di continuità e coerenza con le tradizioni e gli ideali rinascimentali. Vi fu anche un riordinamento urbanistico – edilizio che comportò anche estese demolizioni e rispose alle esigenze di modellare la città secondo l’ideologia del potere. Nel 1538, per volere di Paolo III, il gruppo equestre di Marco Aurelio, il più famoso e unico gruppo equestre in bronzo dell’antichità giunto fino a noi, fu fatto portare dal Laterano sul soglio del Campidoglio e fu posto al centro della piazza. La statua di Paolo III, che Guglielmo della Porta scolpì per il monumento funebre del pontefice secondo le indicazioni dello stesso Paolo III, riprende l’atteggiamento di arringa dell’imperatore romano interpretato come un gesto pacificatore. Inoltre fece recingere di mura il Vaticano, compreso di Borgo e Castel Sant’Angelo, che costituiva il perno difensivo e con cui si imponeva la presenza ammonitrice della Chiesa sul potere laico del Comune di Roma. L’ostentazione di potenza, che costituisce il carattere proprio di tante costruzioni farnesiane, traspare in palazzo Farnese, al quale Paolo III si interessò da quando era cardinale, affidando i lavori ad Antonio da Sangallo il Giovane (1517). Nel 1538 il papa fa riprendere i lavori della fabbrica di San Pietro, ferma da oltre vent’anni, sotto la direzione di Antonio da Sangallo il Giovane, che propone un edificio a pianta rettangolare. Alla morte dell’architetto (1546), i lavori sono affidati a Michelangelo, che ritorna alla pianta centrale. Paolo III fa eseguire a Michelangelo anche l’affresco del “Giudizio universale” sulla parete di fondo della Sistina, già progettato sotto Clemente VII, e gli affreschi della Cappella Paolina con la “Conversione di S. Paolo” e la “Crocefissione di San Pietro”. Il “Giudizio universale” è l’espressione della crisi di una coscienza in cui contrastano i motivi dell’ortodossia e della riforma e la rinuncia ai canoni prospettici rinascimentali. Le due splendide realizzazioni della sala Regia e della cappella Paolina, alle quali è legato il nome di Paolo III, furono completate alla morte del pontefice. In questa zona della residenza papale Paolo III volle operare con estrema libertà procedendo ad un rifacimento quasi integrale degli ambienti e non esitando a distruggere la cappella parva sancti Nicolai affrescata dal Beato Angelico. Per l’architettura si avvalse dell’opera di Antonio da Sangallo il Giovane, che coprì l’aula della sala Regia di una maestosa volta a botte impostata su un ricco cornicione di pietra a 13 metri dal pavimento. La decorazione fu affidata a Perino del Vaga (1542), che fece negli ottangoli, in cambio di una rosa, quattro putti tondi di rilievo, che puntano i piedi al mezzo e, con le braccia girando, fanno una rosa bellissima; nel resto dello spartimento vi sono tutte le imprese di casa Farnese. La sala Regia, adibita a sala di rappresentanza, tra la cappella Sistina e quella Paolina, era tale da permettere al papa di soddisfare le sue esigenze di fasto e prestigio. A tali esigenze rispondeva anche la cappella Paolina, costruita dal Sangallo e ornata dagli stucchi di Perino, che andarono distrutti con l’incendio del 1545.

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