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La documentazione dell'era Napoleonica


Quali che fossero le finalità che si volevano raggiungere, si continuò durante l’età napoleonica a riunire, raccogliere e concentrare carte e fondi di uffici e organi statali e di corporazioni religiose soppresse. Concentrazioni di carte proseguirono, anzi furono intensificate dopo la caduta del regime napoleonico. Antica e nuova documentazione finirono per trovarsi vicine, accatastate alla rinfusa nei medesimi locali; ciò sembrava attenuare quella frattura che si era verificata nella pratica conservativa sul finire del 700. Le masse documentarie consegnate dal passato non erano più utili per la concreta gestione delle attività di governo; era finito il tempo in cui agli archivi si ricorreva nel caso di bella diplomatica, di difesa di secolari privilegi scritti o consuetudinari, di trattazione di pratiche e affari per i quali era necessario ricercare precedenti remoti e lontani. Ma quei polverosi e ingombranti ammassi di pergamene, di carte, di codici, di scritture,per usare termini allora in uso, nascondevano un loro intrinseco significato. Ad altri materiali non documentari ritenuti esemplari del bello fu attribuita la funzione di decoro e ornamento dello stato. Erano i monumenti, le antichità di vario tipo, le belle arti, per la cui salvaguardia e tutela veniva approntato in quel medesimo periodo un ordinato normativo particolarmente fitto e particolareggiato. Ma i materiali documentari formati da scritture e memorie erano, in quanto accumulo e sedimentazione di conoscenze e di sapere pratico, segno evidente e concreto di quello che il potere,nelle sue varie forme e tipologie, era stato nel passato: appartenevano a una tradizione da cui ci si voleva distinguere ma non separare. Esse comunque, aspirassero o meno a soddisfare esigenze dell’erudizione, della storia, dell’amministrazione pubblica e dei particolari interessi, miravano con maggiore o minore consapevolezza, a seconda dei casi, a raccogliere materiali che, non più utilizzabili come memoria autodocumentazione potevano rivelarsi utili come memoria-fonte dell’immagine che il potere voleva tramandare di se stesso alla posterità. Era un’immagine che cercava le proprie basi negli antichi monumenti del passato, ma che nello stesso tempo intendeva riproporsi e riprodursi in quelli del presente. Fu soprattutto tramite gli ordini e le classificazioni previsti per il materiale che si andava concentrando nei luoghi-istituti deputati alla sua conservazione che si cercò di fissare i tratti caratterizzanti la fisionomia di tale immagine. Essi rinviano a definizioni-interpretazioni più generali della coppia concettuale passato/presente (o antico moderno)e alle sue possibilità applicative nei confronti del materiale archivistico.

Tratto da GLI ARCHIVI TRA PASSATO E PRESENTE di Alessia Muliere
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