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La nascita degli istituti archivistici

La nascita degli istituti archivistici

La documentazione archivistica prodotta in Italia negli ultimi decenni del 900 e in questo inizio secolo, è segnata da alcuni tratti distintivi. Tra questi è da ricordare la crescente molteplicità dei soggetti produttori, pubblici e privati, l’affievolirsi di una netta distinzione tra sfera statale e non statale, il ricorso sempre più frequente a tecnologie informatiche nel porre in essere e nell’utilizzare i documenti d’archivio, la fine del monopolio statale riguardo la conservazione-trasmissione della memoria documentaria, la cessazione della separazione tra beni archivistici e gli altri beni culturali (definitivamente sancita dal codice dei beni culturali e del paesaggio entrato in vigore nel 2004). È tra gli ultimi decenni del 700 e la prima metà dell’800 che si formano i primi embrionali archetipi di istituti archivistici quali oggi li intendiamo. Gli archivi erano stati considerati soprattutto memoria auto documentazione a disposizione di chi li aveva prodotti, usati o non usati, a seconda delle finalità, degli scopi, delle esigenze che via via si presentavano.. produzione, conservazione ed uso erano stati aspetti tra loro strettamente collegati all’interno del processo scrittura-redazione e circolazione della documentazione archivistica. A cavallo dei secoli XVIII-XIX inizia a delinearsi una rottura tra produzione, uso (prevalentemente pratico-amministrativo) e conservazione di materiale archivistico. Con la formazione di luoghi-istituti di conservazione distinti da sedi-uffici di produzione, si tende ad attribuire alla documentazione che viene concentrata un significato più ampio: non solo memoria per la preparazione di pratiche politico-amministrative, ma anche memoria fonte, per chi, estraneo al processo di produzione poteva avere interesse a conoscerla ed utilizzarla. Incomincia inoltre in questo periodo a circolare l’idea di una trasformazione, almeno tendenziale, dell’uso degli archivi. Il principio della pubblicità di contro al principio della segretezza, sino ad allora dominante, era stato proclamato in Francia nel 1794 dalla Convenzione nazionale. Oggi il materiale conservato negli archivi di stato, gli archivi degli enti locali e privati dichiarati di particolare interesse storico sono liberamente consultabili, ma rimangono limitazioni ed eccezioni. Solo nel 1974, quando fu istituito il Ministero per i beni culturali ed ambientali, il settore degli archivi passò a questo ministero (ma è rimasta a quello dell’interno la competenza di concedere la consultabilità di documenti non liberamente consultabili). Nell’immediato periodo post unitario furono istituiti, soprattutto in alcune città ex capitali di stato, appositi istituti conservativi. Nel corso  degli ultimi decenni dell’800 e soprattutto nel 900, la rete diventò via via più fitta, fino a prevedere un archivio centrale dello stato, un archivio di stato in ogni capoluogo di provincia, un congruo numero di sezioni di archivio all’interno di territori provinciali.

Tratto da GLI ARCHIVI TRA PASSATO E PRESENTE di Alessia Muliere
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