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Dalle fonti orali alla storia orale: l’esperienza italiana e il metodo Bosio


Il carattere fortemente impegnato, militante, dell’esperienza italiana con le fonti orali, aveva orientato il lavoro di ricerca sostanzialmente in tre direzioni principali: 1) la storia della resistenza e delle forme del conflitto di classe; 2) le interconnessioni e le trasformazioni della cultura contadina in seguito all’incontro con la cultura urbana e di massa; 3) lo studio dei gruppi marginali e delle ideologie minoritarie all’interno della storia del movimento operaio. L’impostazione della ricerca di Gianni Bosio intreccia l’esigenza di far emergere la cultura delle classi popolari e la funzione che essa aveva in termini di emancipazione (far emergere la storia della classe e soprattutto ciò che i militanti e la gente comune pensava). La ricerca e l’elaborazione teorica trarranno nuovo vigore da un più diffuso confronto tra informazioni esplicite (notizie e ricostruzioni) e implicite (modi di esprimersi, analisi espressive), tra originalità e completezza informativa e ricchezza soggettiva e interpretativa da loro offerte. In tutte le nazioni occidentali gli storici che hanno iniziato ad utilizzare la fonte orale, hanno progressivamente approfondito la riflessione sull’interpretazione della fonte, spostando l’attenzione dai fatti costituenti il racconto, alla memoria e alla soggettività del testimone.
A differenza delle fonti archivistiche (collocate in appositi luoghi istituti di conservazione o presso enti e/o persone), le fonti orali sono strettamente connesse alla memoria di un informatore e si costruiscono in funzione della ricerca; i qualche modo è lo stesso ricercatore a produrle e a lui è imputato il compito della loro conservazione (svolge la funzione di archivista).

Tratto da GLI ARCHIVI TRA PASSATO E PRESENTE di Alessia Muliere
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