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I media e la politica internazionale nel mondo arabo

I media e la politica internazionale nel mondo arabo 

Con la definizione “nuovo giornalismo arabo” si fa riferimento ad un mutamento complesso, che ha coinvolto modalità produttive, condizioni di libertà editoriale, rapporti con la società civile e con il potere politico, cambiando radicalmente il ruolo dell’informazione all’interno delle società arabe. 
Il mondo arabo è passato da un tipo di colonialismo all’altro, le popolazioni sono sempre state popolazioni di sudditi 
1 − prima dell’Impero Ottomano, 
2 − poi delle potenze coloniali e, 
3 − dopo l’indipendenza, di sovrani e dittatori. 

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Il giornalismo arabo si è sviluppato con una forte vocazione politica continuamente frustrata da istituzioni e provvedimenti liberticidi. 
Mehmet Alì, il notabile ottomano che resse l’Egitto fino al 1848, intuì la portata in termini di gestione politica dell’arrivo dei caratteri mobili ⇒ il primo periodico che fece stampare era un bollettino che si evolse fino a diventare Al Waqa’i’ Al Missriyya (Eventi egiziani), che può essere considerato il primo giornale in senso moderno nel mondo arabo; esso doveva funzionare come uno strumento della macchina governativa, il cui intento era quello di magnificare l’operato del governatore e dei suoi notabili. 
Nella prima fase di sviluppo della stampa (dal 1855 al 1880) fu però il Libano a guidare la scena; questa situazione si protrasse fino a quando, in seguito a sanguinosi scontri interni e a questioni economiche, moltissimi intellettuali dal Libano e dalla Siria si trasferirono in Egitto, che ritornò così il leader della scena giornalistica araba. 
Il periodo dell’occupazione delle potenze europee fu segnato da una grande espansione della stampa. Ciò creò una situazione molto particolare per il giornalismo: lo sottopose a censure e pressioni da parte di 2 soggetti contemporaneamente (le potenze straniere e i governi locali), ma, d’altra parte, questo clima di fermento politico determinò lo sviluppo di un giornalismo che tentava, quando gli era possibile, di essere combattivo e molto politicizzato. 
Gli anni ’30 furono anni di censure rigidissime: sequestri, chiusure e minacce erano all’ordine del giorno, mentre la circolazione di giornali provenienti dagli altri paesi fu impedita. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la necessità di un controllo ancora maggiore sull’informazione determinarono poi un giro di vite ancora più drastico alla libertà di espressione. 
NB: questo aspetto è di fondamentale importanza, perché ha determinato, fin dalle origini, un grandissimo desiderio di rivalsa da parte dei giornalisti nei confronti degli uomini politici. 
Con la fine del colonialismo, molti regimi, che fino ad oggi mantengono saldamente il potere nel mondo arabo, sono nati da colpi di stato militari. L’atteggiamento di questa classe di militari nei confronti dell’informazione è stato quello di fare della repressione un sistema ancora più rigido e spietato, riempiendo tutti i media dell’informazione di una vuota retorica da parata e impedendo con la forza lo sviluppo di un giornalismo indipendente. 
Per descrivere lo sviluppo del sistema del giornalismo della carta stampata nel periodo post-coloniale, possiamo individuare all’interno del mondo arabo 4 categorie: 
1 1. la stampa in divisa: costituisce il sistema dei media a stampa in 
1 − Siria 
2 − Libia 
3 − Sudan 
4 − Iraq di Saddam Hussein. 
2 Essa trova la sua ragione di sviluppo nella necessità, da parte dei regimi al potere, di una mobilitazione politica molto forte delle popolazioni ⇒ questo ha portato allo sviluppo di una stampa disposta ad appoggiare in toto la politica dell’elite al potere, con toni aggressivi e combattivi. 
Il partito unico al potere è, nella maggior parte dei casi, il proprietario delle testate e già questo esercita sui giornalisti una pressione determinante,senza contare il fatto che gli incarichi vengono affidati soltanto ai giornalisti di fiducia. 
2. la stampa di corte: è il sistema in vigore in 
1 − Arabia Saudita 
2 − Bahrein 
3 − Qatar 
4 − Oman 
5 − Emirati Arabi Uniti 
6 − Palestina. 
3 La stampa di questi paesi (per lo più emirati il cui interesse principale è la stabilità) è definita “di corte” perché i giornali tendono a supportare, o quanto meno a non contrastare, il regime al potere, pur non essendo di proprietà dello stato ma sotto il controllo di gruppi privati. Il tono della stampa è molto diverso da quello della stampa in divisa, molto meno aggressivo e rivoluzionario, ma, allo stesso tempo, privo di intenti investigativi. 
La stampa di corte evita tendenzialmente qualsiasi forma critica nei confronti della politica dei governi e dà all’agenda pubblica degli Stati uno spazio molto ampio, permettendosi blandi attacchi soltanto nelle questioni di scarsa rilevanza (ad esempio, disservizi pubblici). La principale causa della fedeltà è una debolezza intrinseca della stampa in questi paesi: al loro interno, il giornalismo si è sviluppato piuttosto tardi e spesso attraverso il ricorso a professionisti provenienti dagli altri paesi arabi ⇒ la stampa, seppur frutto di iniziativa privata, non ha mai pensato di porsi come “cane da guardia” per l’opinione pubblica, ma ha preferito appiattirsi sulle posizioni ufficiali. 
3. la stampa illusa e frustrata: degli stati di questo sistema fanno parte 
1 − Egitto 
2 − Giordania 
3 − Tunisia 
4 − Algeria. 
2 I sistemi di questi stati mostrano fasi transitorie prolungate per anni e la loro struttura è tuttora oggetto di definizione: elementi che favoriscono il controllo da parte dei poteri politici sono affiancati ad elementi che invece garantiscono una relativa libertà di espressione. 
La storia dell’Egitto può essere utile per spiegare questa categoria. Dopo il colpo di stato dei militari che, nel 1952 abolì la monarchia, fu subito istituita una “casa editrice della Liberazione”, per far conoscere alla popolazione le idee della rivoluzione anche attraverso pubblicazioni periodiche. 
Con la nomina a Primo Ministro di Gamal Abdel Nasser, dopo una breve fase di abolizione della censura, fu imposto un nuovo giro di vite alla stampa, fino al 1970. 
Con Sadat (al potere dal 1970 al 1981) il sistema della stampa cambiò diverse volte: 
1 − in una prima fase, il nuovo presidente liberalizzò l’editoria e abolì la censura; 
2 − nel 1981, seccato dai continui attacchi della stampa, intraprese una campagna di grande ridimensionamento della libertà di espressione, arrestando giornalisti, professori universitari e intellettuali e chiudendo molte testate. 
3 Anche il comportamento del successore Hosni Mubarak è stato fino ad oggi piuttosto contraddittorio: al di là delle dichiarazioni dell’importanza di un sistema di comunicazione libero e democratico, le incarcerazioni e i processi ai giornalisti sono continuati e, nel maggio 1995, il Parlamento egiziano ha promulgato una legge che ha ulteriormente aggravato le pene per la stampa. 
4 4. le oasi di libertà: le sole presenti nel mondo arabo vanno ricercate in 
1 − Libano, fino alla guerra civile del 1975 
2 − Kuwait, durante tutti gli anni ’80 fino all’invasione irachena del 1990. 
5 I sistema della stampa in questi paesi, soprattutto quello libanese, è caratterizzato dal fatto che esistono forti differenze di impostazione editoriale e di orientamento ideologico tra i vari giornali presenti sul territorio ⇒ non tutta la stampa è favorevole al governo e i lettori possono avere accesso ad un numero molto elevato di informazioni diverse tra loro. 
Il Libano ha svolto per la stampa araba un ruolo importantissimo a partire dagli anni ’50 fino alla metà degli anni ’70: esso, infatti, è stato forse l’unico paese arabo dove, per almeno 20 anni, le istituzioni democratiche hanno di fatto funzionato ⇒ in quel periodo, il paese è stato il rifugio per tutti i dissidenti politici nel mondo arabo che, da Beirut, continuavano le loro battaglie. 
La guerra civile, scoppiata nel 1975, interruppe questa “età dell’oro” libanese, proprio perché quel pluralismo di forze che aveva consentito lo sviluppo di un sistema di stampa libero era degenerato in un sanguinosissimo conflitto intestino e aveva trascinato nella propria rovina tutta la stampa. 
Nel corso degli anni ’80, il paese che in parte ha raccolto l’eredità del Libano è stato il piccolo emirato del Kuwait: la stampa kuwaitiana, pur essendo relativamente giovane, poteva vantare al suo interno un relativo grado di diversificazione e di qualità. Queste caratteristiche hanno tuttavia subito una grossa battuta d’arresto con l’invasione irachena nel 1990 ⇒ fuga di alcuni giornalisti, smantellamento delle testate e necessità da parte del governo di una stampa militante e favorevole all’azione militare sotto la guida statunitense. 
Dopo Desert Storm, la stampa nel paese ha mantenuto un discreto livello di diversificazione, ma è rimasta molto più concentrata sugli affari interni. 
In una situazione di questo tipo, tutti, stati e giornalisti, pur con motivazioni diverse, guardavano verso l’Europa come nuova patria di un giornalismo che potesse sostenere più liberamente i disegni politici dei governi e potesse concedere più libertà agli uomini di penna. 

Tratto da I MEDIA E LA POLITICA INTERNAZIONALE di Elisa Bertacin
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