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Public diplomacy

Public diplomacy 

Secondo Gilboa, la public diplomacy è un modello di comunicazione unilaterale, usato soprattutto nelle discussioni internazionali. L’idea centrale è quella di essere una comunicazione diretta con i popoli stranieri, con lo scopo di influenzare i loro pensieri e, di conseguenza, quello dei loro governanti ⇒ in termini contenutistici, questo modello descrive tutte quelle attività, dirette all’estero nel campo dell’informazione, dell’educazione e della cultura, con l’obiettivo di influenzare i governi stranieri, per mezzo dell’influenza esercitata sui loro cittadini. 
La Francia è il paese che per primo ha investito in maniera massiccia in operazioni di diplomazia pubblica e diplomazia culturale, basti pensare alla creazione, nel 1883, dell’Association nationale pour la propagation de la langue française dans les colonie set à l’étranger da parte di 2 ambasciatori. 
Nel caso inglese, nel 1934 viene fondato il British Council con lo scopo di fornire una visione alternativa del mondo rispetto al totalitarismo ⇒ la BBC inizia la trasmissione radio in lingue straniere con il World Service nel 1938. 
Con la Seconda Guerra Mondiale e la fine dell’isolazionismo americano, la circolazione dell’idea dell’impegno in nome della diffusione della democrazia e della libertà, è diventato uno degli obiettivi della politica estera americana ⇒ il 24 febbraio 1942 The Voice of America trasmette per la prima volta in Europa: le trasmissioni avvengono in francese, italiano e inglese. Nel giugno dello stesso anno, il presidente Roosevelt istituì l’Ufficio dell’informazione di Guerra. 
Nel secondo dopoguerra, vengono emanati negli Usa 2 atti di fondamentale importanza nella storia della public diplomacy americana: 
1 1. 1946, Fullbright Act: stabilisce la creazione di un programma di scambio educativo internazionale in tempo di pace, che diventa la bandiera degli scambi del governo americano. Questo atto fu ripreso nel 1961 con il Fullbright-Hays Act, che consolida gli scambi culturali ed educativi internazionali, includendo la traduzione di libri e periodici e stabilisce la creazione di centri culturali all’estero. 
2 2. 1948, Smith-Mundt Act: stabilisce un mandato programmatico che ancora serve come la carta per i programmi culturali e di informazione US Overseas. Questo atto è molto importante perché stabilisce che i prodotti di informazione pensati per le audience overseas non possono essere somministrati all’audience americana. 

Nel 1953 il presidente Eisenhower crea la US Information Agency (USIA), indipendente dal Dipartimento di Stato, come previsto dallo Smith-Mundt Act. 
Durante la seconda amministrazione Carter, il presidente volle dare un impulso di apertura dell’USIA, sostenendo che l’agenzia non avrebbe dovuto intraprendere nessuna attività che fosse di manipolazione o di propaganda ⇒ da USIA si adotta il nome di USICA (US International Communication Agency). 
Il nome USIA fu ripreso dal 1983 sotto l’amministrazione Reagan: il “grande comunicatore” era convinto che la comunicazione internazionale avrebbe potuto rinvigorire la politica estera americana ⇒ viene creato uno speciale think tank per curare la public diplomacy americana, lo Special Planning Group sotto il National Security Council, composto da: 
1 − Segretario di Stato 
2 − Segretario alla Difesa 
1 − Direttore dell’USIA 

− Direttore dell’Agency of International Development 
1 − Consulente alla comunicazione del presidente 

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Fino agli anni ’90, la missione dell’USIA si mantenne inseparabile dalla geopolitica della Guerra Fredda. 
Nel 1993 inizia una nuova era della public diplomacy americana: la teoria del contenimento deve dare spazio alla teoria dell’allargamento. La dottrina Clinton ha la politica economica come il cuore della sua politica estera ⇒ gli anni ’90 furono anni di declino della public diplomacy degli Usa. Con la Presidential Decision Direction 68 del 30 aprile 1999 (documento tra l’altro ancora segreto) l’USIA viene sciolto e le sue funzioni vengono inglobate all’interno di un sottosegretariato alla Public diplomacy, all’interno del Dipartimento di Stato. 
Con questa direttiva, diviene una struttura indipendente il Broadcasting Board of Governors, istituito nel 1994: la sua struttura è, anche al suo interno, piuttosto complessa, dal momento che esso controlla, o comunque supervisiona direttamente, Radio Free Europe/Radio Liberty, Radio Free Asia, Radio Sawa e Al Hurra TV. Inoltre controlla, ma in una struttura separata rispetto al resto, Radio Free Afghanistan, Radio Free Iraq e Radio Farda ⇒ lo scopo è quella di raccogliere tutti i broadcasting americani per individuare una mission di fusione della politica e del mercato. 
Nella versione tradizionale, questo modello viene usato da uno stato contro altri stati, cercando di creare un’immagine positiva delle proprie politiche e del proprio sistema economico, avendo come obiettivo principale l’opinione pubblica del paese nemico ⇒ si spera che, portandola ad accettare la propria immagine, l’opinione pubblica eserciti una certa pressione sul proprio governo, tale da costringerlo a cambiare certe politiche o atteggiamenti ostili. È quanto è avvenuto durante la Guerra Fredda, quando le 2 superpotenze cercarono di applicare questo modello, attraverso l’uso dei broadcasting internazionali, in particolare la radio: Voice of America, Radio Liberty e Radio Free Europe da parte degli USA, Radio Moscow da parte sovietica. 
Oggi, il modello tradizionale deve essere esteso, perché deve considerare la crescita degli attori non-statali e la maggiore interdipendenza tra tutti gli attori del sistema internazionale. 
Esiste poi anche il caso in cui uno stato scelga come obiettivo della propria public diplomacy solo alcune compagnie o lobby nel paese straniero (è quella che viene chiamata anche strategic public diplomacy). Un esempio è dato dall’uso della Hill&Knowlton da parte di USA e Kuwait durante la Guerra del Golfo del 1991. 
È opinione comune che se sicuramente il lavoro di una struttura come l’USIA non avrebbe potuto evitare l’11 settembre, sicuramente avrebbe aiutato a spiegare al mondo arabo come l’11 settembre era stato vissuto in America. In confronto alla conoscenza della regione e alla sensibilità nei confronti del mondo arabo di Rugh, la guerra al terrorismo è stata combattuta con grandissima ignoranza, indice dei gravissimi errori di gestione della public diplomacy americana. 
Dietro a tutto questo c’è una nuova concezione della Public diplomacy, una nuova stagione sviluppatasi negli anni ’90 che, in realtà, ha rappresentato un notevole passo indietro nel dialogo con le opinioni pubbliche straniere: la nuova idea di public diplomacy è molto più simile al marketing commerciale, in cui la filosofia di base è di vendere a pubblici diversi il marchio della politica estera USA e, soprattutto, il suo prodotto di punta: l’esportazione della democrazia. 
Venuta a mancare l’USIA, la public diplomacy nella gestione dei conflitti è sempre più affidata al Pentagono: il fatto che una struttura militare acquisisca un ruolo di primo piano fa sì che la public diplomacy nei conflitti non sia considerata parte di un discorso di relazioni internazionali tra diversi soggetti, ma parte di una serie di operazioni con un solo fine: la vittoria ⇒ Rumsfeld e Wolfowitz hanno affidato il lavoro a contractors privati, tra cui il Rendon Group, creando il cosiddetto war advertising, affidato a potenti agenzie private legate alla politica. Questo approccio crea non poche difficoltà: soprattutto, il fatto di affidarsi a contractors limita la possibilità di ridiscutere le strategie o di trovarne di nuove, a seconda della risposta sul campo ⇒ ad un contractor viene affidato un compito, che lui esegue, ma senza coordinazione con le altre strutture e senza preoccuparsi degli effetti sugli altri scacchieri delle relazioni internazionali.

Tratto da I MEDIA E LA POLITICA INTERNAZIONALE di Elisa Bertacin
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