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Il cinema italiano e il rapporto con la realtà


Già nel 1933 su “L’Italiano” appare un articolo in cui si sottolinea la necessità di portare la macchina da presa nelle strade ed osservare i comportamenti degli italiani.  Già negli anni trenta il paesaggio inizia a diventare sfondo naturale e si affermano le prime linee guida del neorealismo. Negli anni trenta ci sono tre opzioni cinematografiche forti:
1) Giovani guidati da Barbaro che si sono formati al centro sperimentale che collaborano con la rivista “cinema” e assimilando la lezione di Pudovkin attendono l’individuo messianico che faccia rinascere il cinema.
2) La strada di Blasetti, che celebra l’anima popolare del fascismo
3) L’esplorazione degli spazi urbani da parte di Camerini che studia la geografia dei piccoli desideri collettivi.

Già nel 1933 Ruttmann tenta di fondere l’avanguardia tedesca con le esigenze del regime di celebrare l’industrializzazione con Acciaio su soggetto di Pirandello.
Sono da considerarsi film anticipatori del neorealismo: Quattro passi tra le nuvole (Blasetti), avanti c’è posto e Campo de’ Fiori (Bonnard); I bambini ci guardano (De Sica); la peccatrice (Palermi) L’ultima carrozzella (Mattoli) Ossessione (Visconti).
Il gruppo che circonda Visconti ha una chiara influenzata francese data dal lavoro che Visconti ha effettuato con Renoir per anni, ma decidono anche di assumere l’eredita verista di Verga.
Ossessione è ispirato liberamente da il postino bussa sempre due volte ed è un esemplare rinnovamento iconografico capace di collegare tradizione pittorica e culturale nazionale diventa subito baluardo della nuova poetica cinematografica nascente.

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