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Evoluzione storica del nome di famiglia


Osservando il panorama storico e sociale, il nome di famiglia, da sempre, ha incentrato la propria evoluzione sulla trasmissione della continuità della famiglia sia nei rapporti di genere tra marito e moglie sia nei rapporti tra le generazioni.
È interessante che una rapida scorsa della letteratura storica si concentra subito sulla collocazione temporale e causale della nascita del cognome, mentre, a prima vista, è molto meno evidente che questa modalità di individuazione policentrica sia stata invasiva per la già fragile posizione delle donne rispetto alla continuità, sia nel ruolo di mogli che di madri.
Per riprendere un’osservazione di Lorenzo Fabbri, «non c’è dubbio però che fossero soprattutto le donne a sentire il matrimonio come imposizione esterna. L’avvento del lignaggio, cioè di un’organizzazione familiare incentrata sui componenti maschili, non poteva che accentuare questa forma di alienazione: escluse dall’eredità paterna e tenute lontane per quanto possibile dal controllo sui beni coniugali, esse erano trasferite, il più delle volte ancora adolescenti, dalla casa di origine a quella del marito, senza tuttavia aderire pienamente né alla prima né alla seconda. In effetti, il ruolo delle donne nella strategia familiare appare spesso puramente strumentale, destinato cioè ad assolvere una precisa funzione nella tessitura di rapporti tra una consorteria e l’altra».
Nelle società lignatiche, in cui il cognome per la prima volta si è stabilizzato, quindi, le donne sono singolarmente deboli, nonostante i matrimoni si configurino quali alleanze di convenienza tra nobili casate (ad esempio, essere sposa di un Visconti non significa essere di per sé una Visconti, con tutti i vantaggi che ne derivano); infatti, la moglie è estranea alla famiglia in cui arriva, ma ormai anche a quella da cui proviene, poiché la sua dote ne ha indebolito il patrimonio.

Nel caso italiano, in particolare, il cognome ha origine dallo sviluppo tardo medioevale delle problematiche relative ai nomi propri; secondo alcuni studiosi, infatti, l’influenza delle popolazioni germaniche conferisce al nome personale la fondamentale funzione di identificazione del singolo individuo, indipendentemente dalla propria appartenenza familiare per ordine di nascita o di rilevanza; non a caso, avendo considerato la possibile omonimia tra soggetti non legati da alcun tipo di parentela, diventa importante anche il riconoscimento dell’appartenenza ad una certa famiglia e la stabilizzazione dei suoi confini nel tempo. A questo proposito, le soluzioni formulabili sarebbero potute essere molteplici e, nello specifico, uno studioso francese, che si occupa dell’Italia (in particolare il Lazio) del Medioevo, segnala che inizialmente sono emerse almeno due ipotesi prevalenti.
La prima, sviluppatasi dal XII secolo, si basa sull’utilizzo del soprannome, o più propriamente del cognome, che, diversamente dai nostri tempi, derivava la sua origine terminologica al mestiere o alla caratteristica personale (la comicità, la tristezza, la felicità, la residenza…) dell’individuo, che, in questo modo, si distingueva da tutti i suoi omonimi. In seguito, dalla personalizzazione del soprannome è stato ragionevole l’approdo alla sua trasmissione di padre in figlio e, di conseguenza, a tutti i suoi discendenti.
La seconda, invece, che è concettualmente più simile all’attuale patrilinearità della trasmissione del cognome, consta nel ricorso al patronimico, vale a dire uno specifico richiamo al nome del padre per individuare il figlio.
In entrambi i casi, è evidente che si è stabilizzato un legame con il padre, previa soprannome o nome proprio, da cui deriva un esplicito e diretto rapporto di filiazione; attualmente, sono ancora presenti entrambe le ipotesi, a seconda delle aree geografiche di riferimento: ad esempio, mentre nelle lingue scandinave è ancora radicata l’identificazione attraverso il patronimico, la tradizione italiana ha preferito la prima soluzione.
Sempre riferendosi all’attenta lettura degli scritti di questo storico francese, è evidente che i primi nella storia italiana ad inventare i cognomi in senso lato, in altre parole i nomi di famiglia, sono stati i notai, perché, con il trascorrere del tempo, era diventato sempre più complicato ricostituire la catena dei rapporti parentali tra membri di uno stesso nucleo familiare o di diverse casate, al fine di evitare eventuali fraintendimenti circa l’assegnazione dell’eredità o circostanze simili; di conseguenza, questa stabilizzazione amministrativa è originata dalle cosiddette classi aristocratiche, le uniche porzioni della società ad essere interessate alla trasmissione della proprietà, del patrimonio o, almeno, del prestigio sociale.
I ceti contadini, e in parte anche quelli urbani artigianali, al contrario, per ben due secoli hanno dimostrato una forte resistenza all’uso del cognome, stabilito una volta per sempre per mantenere, potenzialmente all’infinito, il rapporto tra le generazioni, fino ad allora limitato alla sfera relazionale tra genitore e filiazione. Questo atteggiamento conservatorio è stato il risultato dell’assenza delle problematiche sopra riportate e, come conseguenza, è stato molto più sovrimposto sia l’uso del cognome nel senso contemporaneo del termine sia la sua ovvia patrilinearità.
La trattazione del nome di famiglia dal punto di vista giuridico, così come l’evoluzione di molti altri istituti di diritto, senza dubbio, è strettamente legata alla storia ed alle consuetudini sociali, finora ricordate.
Questi fenomeni, di conseguenza, sono a tal punto radicati nella tradizione italiana, che la loro vigenza nell’ordinamento è regolata da una semplice consuetudine, senza che vi sia la necessità di un’apposita disciplina legislativa scritta; spesso, può accadere che il costume sociale o l’opinione comune o le leggi che ne regolano le materie simili cambino e si evolvano in un’ottica contraria alla disciplina consolidata, innestando un processo di riforma più rapido rispetto a quello di una consuetudine vera e propria.
Le ambiguità che ne derivano sono riscontrabili soprattutto negli Stati Uniti d’America nel caso del cognome della moglie e in Italia nel caso della trasmissione del cognome ai figli.

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