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Giovanni Botero

Morale e ragione di stato
Il pessimismo antropologico non consentiva a Machiavelli di praticare l'arte della politica come perfezionamento di una ragionevolezza pubblica aperta al rispetto ed alla giustizia. Giovanni Botero scrive la sua opera principale Della Ragion di Stato con l'intento di contrastare Machiavelli e di recuperare l'influenza della morale e della teologia sulla politica ma, nell'elaborazione della sua teoria, Botero subisce tuttavia l'influenza di motivi machiavelliani, anche quando pretende di averli criticati e negati. Il problema di Botero è riproporre il valore dell'etica al centro degli interessi della politica, tenendo la religione a contatto diretto con l'esercizio dell'autorità. Dopo ciò che Machiavelli ha svelato sulle leggi del potere, però, anche Botero ammette che lo stato è un apparato di potere e che la sua funzione essenziale è quella di esercitare un dominio sul popolo per imporgli una disciplina politica e normativa.

La forza e la sapienza

La politica è essenzialmente fondazione, conservazione ed espansione di stati, tutte attività legate fra di loro da una mutua implicazione, per cui fondare lo stato è la stessa cosa che conservarlo ed ampliarlo. La conoscenza politica non riguarda solo problemi di ordinaria amministrazione di rapporti stabiliti, di equilibri dati, di gerarchie consolidate ma è anche ricerca dei mezzi necessari ad acquisire ulteriore dominio. Senza ampliamenti ed accrescimenti si rischia di perdere anche ciò di cui si dispone. Gli ideali politici di Botero sarebbero certo meglio espressi da uno stato mediocre in grado di controllare le sue ambizioni e di non cedere a tentazioni di conquista e di usurpazione. Con la grandezza degli stati cresce la ricchezza ma con questa crescono anche i vizi, il lusso, la "boria" dei popoli, cause di molti mali politici; la forza è necessaria agli stati ma essa deve sapersi moderare e sottomettersi ai controlli critici della sapienza. Se la mediocrità sostenuta ed orientata dalla sapienza è il modello etico-politico di Botero, egli ammette tuttavia che esso è sempre smentito dai flussi di azioni e di reazioni politiche che costringono lo stato a non porre limiti alla propria espansione. Ciò che costituisce il principale fondamento degli stati e che garantisce la consistenza e la durata dell'ordine politico è soprattutto l'obbedienza dei sudditi: non c'è nel suo pensiero riconoscimento di diritti individuali e neppure i diritti popolari vengono muniti di una loro autonomia di valore e di prerogative nei confronti del potere sovrano. Le degenerazioni dell'autorità si correggono e si prevengono educando il re a volgere al bene le cose della politica e vincolando l'esercizio delle loro funzioni al rispetto di un ordine normativo superiore rappresentato dalla legge divina. L'intento di Botero è di restituire alla virtù i significati qualitativi che le attribuisce il cristianesimo e di fare di tale virtù il comune fondamento dell'obbedienza dei sudditi e delle lealtà morali del sovrano. Un certo pessimismo antropologico, trasmesso da Machiavelli anche ai suoi critici, fa vedere tuttavia a Botero i limiti politici della virtù: gli uomini possono non essere buoni e perciò non possono avere troppi diritti, né possono ritenersi capaci di autostabilità e autosufficienza. L'ordine politico non si regge su principi di autogoverno popolare ma su regole potestative che emanano dal potere. E'illusorio ritenere che i mezzi tolleranti e civili siano bastevoli all'esercizio dell'autorità la quale, di fronte agli impulsi inferiori dei sudditi, si trova costretta, quando occorre, ad abbandonare i procedimenti qualitativi della politica e della morale e a servirsi di misure eccezionali.

Il potere e le opposizioni

Le categorie forti della politica possono tuttavia attenuare la loro virulenza se le imprese civili, diventando più numerose e più importanti, riescono ad aprire nuovi spazi alla creatività umana e a differenziarsi da quelle della pura potenza. Bisogna sollecitare l'industria umana in modo da ridurre le più gravi sperequazioni sociali ed economiche che sono sempre un turbamento alla quiete pubblica. Rispetto a Machiavelli c'è in Botero una considerazione più realistica del ruolo dei fattori economici negli equilibri complessivi della vita sociale e la buona amministrazione e la saggia ripartizione dei tributi hanno un ruolo importante nel mantenimento della stabilità politica. E' ribadito però il principio che nello stato ciò che più conta è la sua forza militare e che la guerra può anche rappresentare uno strumento politico di coesione popolare. I nemici però sono presenti anche all'interno e comprendono le sette politiche e religiose sorte dallo scisma della Riforma. Il problema di Botero è come debba comportarsi lo stato per domare queste forze recalcitranti. In materia religiosa egli è fautore di un deciso intervento del governo contro i Protestanti: per trattenere e disgregare i nemici pubblici e i nemici della fede cattolica, occorre per Botero fiaccare le loro tensioni ideali, indebolirli nelle loro forze materiali ed impedire che possano costituirsi come massa e mobilitarsi per la lotta. Botero ha dunque cercato di imbrigliare la forza dirompente della ragione di stato, tentando di esorcizzare gli aspetti demoniaci con l'evocazione dei precetti tradizionali della teologia politica. Egli non ha negato tuttavia che l'interesse dello stato abbia una sua preminenza nella costituzione e nella spiegazione dell'ordine sociale e non ha proposto come limiti all'autorità diritti individuali e popolari istituzionalmente definiti e garantiti.

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