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Il primo confronto di Luca Cambiaso con G. Alessi e G.B. Castello


Cambiaso accanto all’Alessi e a Giovanni Battista Castello: le fonti sottolineano il rapporto che si instaura tra l’artista genovese e l’architetto perugino così come quello tra Cambiaso e il Bergamasco, suo coetaneo. Ed è un rapporto in cui Luca appare per apprendere. I tre personaggi vengono accostati in prima istanza nella loggia della più significativa architettura laica concepita da Galeazzo Alessi in villa Giustiniani. La prima realizzazione ed emblematica della nuova architettura nella quale vengono chiamati a lavorare il Cambiaso ed il Castello. Vi si riscontra una formidabile presenza architettonica con la quale la decorazione a fresco è chiamata a porsi in relazione: relazione di significati con l’allusione, nelle figure di Diana e di Apollo, alla Luna e al Sole, al sorgere del giorno da ombra e luce, Cambiaso dipinge Diana, la Luna, la Notte che fugge da un baluginio di luci verso uno spazio al di là della superficie limite della struttura architettura illusivamente segnata dalla finestra lumettata e tripartita. Emblematicamente, nel rapporto forma-significato del soggetto, viene compresa la propensione del Cambiaso a segnare lo spazio con il moto del corpo ad aprirlo al di là della superficie immaginata dal dipinto: Castello, al contrario, segna il piano di quella superficie con la piena centralità di un Apollo-Sole in una meravigliosa apparizione.
La seconda occasione è al limite degli anni ’50, Cambiaso è chiamato a collaborare con Castello e ancora in uno spazio di loggia nella villa di Tobia Pallavicino, nel cantiere gestito dal Bergamasco. Infatti, il progetto è totalmente condotto dal Bergamasco. La scena è rappresentata da un contesto di interrelazione tra spazio architettonico e decorazione. Cambiaso dipinge il gruppo di Diana in lotta con il Satiro scorciato dal basso, illuminato lateralmente in corrispondenza delle bucature reali della loggia occidentale. I due personaggi sono rappresentati in un moto concitato verso l’osservatore, in una posa scorciata a piramide rovesciata. Riprende Michelangelo. Le figure percorrono e costruiscono lo spazio.
In questi stessi anni, Cambiaso quindi è impegnato a mettere in discussione la sua partita. La sua ricerca è orientata non solo verso le forme del gigantismo verso il colore, come la libertà e la ricchezza di cromatica spesso represse nell’esaltazione della forma disegnativa e nella compitura delle grandi forme eroiche del momento.
Negli anni ’50 si hanno due esplosioni di colore e di libertà nella stesura pittorica: La Madonna che allatta il Bambino di Collezione privata genovese e l’Adorazione dei pastori di Brera. Recuperare la vocazione al colore sperimentato su Beccafumi, ma unitamente all’urgenza di un ribadito studio del rapporto spazio-figura, sembra la necessità alla quale Cambiaso vuole rispondere: l’estremizzata prova della Natività di Brera sembra procedere in questa direzione.
Il suo tentativo di rendere il colore protagonista assoluto è palmare. Insieme alla semplificazione delle forme esplode la forza inventiva di una pennellata libera e originalissima. Vi sono fosforiche luci che si materializzano sui volti, gocciolanti sul velo della Vergine, sul suo abito accesso di un incredibile carminio e che imposta lo splendore dell’incarnato del Bambino giacente.
Per il giaciglio del Salvatore, l’artista vuole acquistare materia pittorica per staccare dal fondo scuro e dal livello di stesure delle altre pareti del dipinto: i fili di paglia assumono rilievo di filamento di pasta pittorica dorata su quelli bruni in ombra, mentre in sovrapposizione, si colloca il lenzuolo, in maniera arditissima segnato da spezzate pennellate, quasi tirate a secco sulla pasta più ricca, mescolata e con linee spezzate condotte di getto.
Ma questa carica di materia cromatica e di veemenza pittorica andrà scemando dalla seconda metà degli anni ’60 fino a scomparire.
La Madonna che allatta il Bambino testimonia invece un’ardita sperimentazione sulla stesura della pasta pittorica accanto alla definizione di uno spazio ampio nel quale è articolata la figura. Spazio individuato per diagonali profonde, segnato dalla definizione prospettica di un geometrizzato giaciglio del Bambino e ribadito della posizione della stessa figura infantile. Spazio e colore si definiscono da un lato di addensamenti d’ombra sembrano unirsi. Questi sono sempre suggerimenti del Beccafumi.

Tratto da IL PERCORSO ARTISTICO DI LUCA CAMBIASO di Gabriella Galbiati
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