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La visione del supplizio nell'anitca Roma


Il supplizio è la conseguenza di un delitto, la sua punizione: non solo è giusto in sé ma deve servire di esempio alla comunità ed essere quindi pubblico e godibile. Un comportamento che gli scrittori storici consideravano riprovevole era quello di sottoporre cittadini appartenenti all’ordine senatorio o equestre a pene riservate alle categorie più umili: nella giurisprudenza romana infatti la condanna non era commisurata solo al delitto, ma anche alla condizione sociale del colpevole (le punizioni più crudeli e umilianti erano naturalmente riservate agli schiavi e ai prigionieri di guerra). Era dovere del trionfatori offrire alla plebe di Roma lo spettacolo del massacro dei prigionieri: così era avvenuto sin dall’età repubblicana, così ha agito Costantino. Parlare di supplizi significa interrogarsi sul valore che una data società attribuisce alla vita umana: nel nostro caso una società nella quale l’esposizione e la vendita di neonati erano fatti del tutto normali, nella quale gli schiavi, almeno per un lungo periodo, erano considerati semplici strumenti di lavoro; una società che nei propri codici faceva precedere l’esecuzione della condanna a morte dalla fustigazione e da altri tormenti, che non aveva pietà alcuna per i prigionieri di guerra.

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