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Seroux d’Agnicourt in Italia


Nel 1779 Seroux d’Agnicourt, aristocratico francese, arrivò in Italia per dare corso a una monumentale Storia dell’arte italiana, dal declino seguito dalla caduta dell’Impero romano fino al revival nei secoli XV e XVI, fatica che fu data alle stampe solo nel 1811. È stato recentemente affermato, che il merito della riscoperta dell’arte italiana primitiva va agli italiani stessi, che avrebbero preceduto di gran lunga gli inglesi, francesi e i tedeschi, cui per solito si attribuisce questo colossale spostamento di gusto. È indubbio che a partire dal 1790 gli storici italiani, ispirati dal patriottismo e sorretti dall’erudizione, avessero virtualmente puntualizzato tutti gli argomenti che avrebbero sviluppato nella prima metà del secolo successivo, non di rado con una retorica che farà premio sulla competenza. Senonché allora le ricerche condotte dagli storici locali tendono appunto, a restare locali. Che Seroux d’Agnicourt abbia tratto o meno pieno vantaggio dalle fonti di cui disponeva, o che abbia eguagliato in chiarezza e perspicacia l’italiano Luigi Lanzi, suo quasi contemporaneo, fatto sta che gli altri paesi d’Europa debbono la conoscenza dei primitivi italiani alla sua Storia Pittorica, riccamente illustrata e ai collaboratori che contribuirono alla sua redazione. La sua opera poteva considerarsi un monito erudito volto a illustrare i pericoli connessi alla cultura visiva scaturita dal crollo di una civiltà. Sebbene insistesse sull’importanza decisiva dell’osservazione personale, allo scopo di evitare vane discussioni sull’arte dell’alto e del basso medioevo la sua disamina restava eminentemente sociologica. Impegnato a uscire dagli schemi nazionalistici del Vasari e di altri storici dell’arte italiana, che nella disintegrazione dei valori classici avevano visto l’esito diretto delle invasioni barbariche, d’Agnicourt, ha mirato piuttosto a distinguere tra governanti illuminati e non, di qualunque stirpe essi fossero, quali fattori determinanti e condizionanti delle peculiarità estetiche. La soverchia inclinazione allo sfarzo dei romani aveva influito sul decadimento del gusto assai più delle invasioni di popolazioni allogene.

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