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Le tre le prospettive d'analisi della pedagogia interculturale



Sono tre le prospettive di analisi che la pedagogia interculturale, da oltre un decennio, considera,  poste contro le sfide epocali di oggi e atte alla ricerca di sintesi creative e coerenti che nelle comuni riflessioni multidisciplinari riescano a dare soluzioni adeguate e a lungo termine alle problematiche nate dai movimenti migratori e dall’espansione economica internazionale.

• La prima considera il contesto delle trasformazioni sociali, che stanno cambiando la realtà delle nostre esperienze intellettuali e morali nonché gli stili comunicativi e il modo di agire nei confronti dei nuovi arrivati. Questa inedita vicinanza tra culture e identità differenti (un tempo i villaggi separati garantivano omogeneità) ha prodotto il timore che la diversità possa diventare una minaccia all’integrità culturale di società tradizionalmente omogenee. Touraine parla di ossessione identitaria la quale trasforma in straniero l’avversario e porta alla ricerca di una omogeneità vista come purezza. Dunque la sfida di una sorta di patriottismo verso un multiculturalismo, alla faccia dell’utopistico universalismo integrato che voleva una sola umanità. Riaffiorano dunque i vecchi concetti di discrimine culturale e politico che il pensiero moderno illuminista aveva rigettato propugnando un’uguaglianza per tutti. La diversità continua ad essere ad oggi mal sopportata in quanto disgregatrice del sentimento di appartenenza ad una località costituita storicamente sui principi di omogeneità, integrità, purezza culturale , coesione spirituale e nazionale.

• La seconda è rappresentata dalla tendenza delle società a non voler mettere in discussione i preesistenti modelli di cultura sociale, in una parola prevale la logica dell’isomorfismo. Tensioni e complessi rapporti tra mondo globale e locale, tra modernità e tradizione, tra integrazione e conflitti etnici, tra omogeneità e diversità. La globalizzazione concettualmente con il suo programma economico ampio ed uniforme ha come potenziale tendenza quella dell’integrazione umana. Sloterdijk introduce un audace paradosso secondo cui le pareti delle città stanno diventando sottili e trasparenti, questa globalizzazione favorisce l’inclusione del globale nel locale e del locale nel globale GLOCAL crea uno spazio in cui l’immunità sarà difficile da garantire nel senso che le società sono tutte esposte ai medesimi rischi e contagi. In un mondo in cui locale e globale si contendono gli stessi spazi, gli individui reclamano uguali diritti, i contatti interculturali diventano più frequenti, tanti sono i paradossi caricaturali che si vengono a creare, Geertz sostiene che di fronte alla globalizzazione i concetti più aggreganti di nazione, stato e popolo stanno dissolvendosi. L’interdipendenza economica non coincide con l’integrazione umana  ma tende piuttosto a spezzare in frammenti e ad evidenziare una etnicità globalmente polverizzata e localmente deterritorializzata.

• La terza prospettiva considera invece le conseguenze che il motore ramificato determina sui cittadini globalizzati e frammentati, Bauman avverte tra gli effetti la riduzione di spazi pubblici e la crisi dei luoghi di socializzazione dove si elabora la cultura e dove si alimentano i valori della socialità. Touraine parla appunto di desocializzazione dell’individuo che si allontana dai rapporti sociali collettivi determinando così il declino della figura dell’attore sociale. Secondo lo stesso mettere in crisi le principali organizzazioni sociali (scuola e famiglia) si traduce in mettere in crisi la modernità. Sempre Touraine nella sua analisi vuole capire come vivere insieme e integrati se alla base la società corre per il favorimento di obiettivi individuali (con problemi quali la percezione soggettiva dei diritti che diventano privilegi, l’esistenza di incontri-scontri tra la pluralità di culture, comunità che si arrendono e si polverizzano, sistemi democratici che non regolano equamente la vita comune). L’intercultura sostiene la necessità di un progetto formativo sociale e culturale in cui gli individui imparino a tollerare le differenze introducendo la cultura, la ricerca, la formazione, una nuova idea di civiltà orientata all’interconnessione, alla mescolanza, all’ibridare e all’integrazione delle culture. Secondo il sociologo Semprini la crisi avvertita dalle società moderne è sostanzialmente crisi delle nozioni politiche e filosofiche di cittadinanza, uguaglianza e giustizia che non reggono di fronte alle questioni aperte e non risolte sulla diversità culturale, di conseguenza le democrazie liberali che si basano su tali 3 principi ne avvertono la conseguenza. La soluzione teoricamente consisterebbe nel riuscire a conciliare la diversità con l’uguaglianza, ma lo scambio, la conciliazione non è mai stato equo, non ha mai toccato realmente tutti gli individui. Come estendere il diritto ad essere considerato nella sua specificità e nelle proprie diversità uguale agli altri?! Il fatto è che l’uguaglianza nella diversità va inevitabilmente a far corrispondere un beneficio per qualcuno nello sfavore o nel discrimine verso qualcuno altro. Secondo Agnes Heller uguaglianza ed equità creano una continua oscillazione tra l’ethos del liberalismo e quello della democrazia che si traduce in squilibrio tra leggem etica e moralità, questo rappresenta per la stessa il PENDOLO della modernità, ritiene pertanto che solo il senso della moralità potrà ristabilire l’equilibrio tra questi due generi di ethos; la moralità ha una priorità onotologica sull’etica e sulla legge e riesce ad alimentare le varie forme di solidarietà che la legge non sempre può regolare, è necessario che tutti uomini e donne si assumano le proprie responsabilità morali.

Tratto da INTERCULTURA. PAIDEIA PER UNA NUOVA ERA di Marianna Tesoriero
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