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Lo switching discorsivo


Lo switching discorsivo viene colto e talvolta assimilato alla sintonizzazione; se le riprese già archiviate nel nastro sembrano presentare delle strane lacune di segnale (come fossero le ondate di una rivelazione che s’afferma), il televisore portatile che, nell’epilogo del film, Mistery Man mette nelle mani del morente Dick Laurent, ha una antenna ma mostra un film porno girato in passato. Tra l’altro, terminato lo spezzone del porno, vediamo le immagini di Fred e Mystery Man, come se il televisore fosse divenuto una videocamera. Oppure, sia il film che l’inquadratura dei due personaggi davanti a Laurent sono teletrasmessi in atto e captati. Quest’ultima ipotesi è assurda quanto a realisticità, ma rivelatoria figuralmente. La sintonizzazione si produce rispetto a un’enunciazione in atto del piano dell’espressione (la trasmissione), a una selezione paradigmatica (tra frequenze) e a una stabilizzazione del contatto (la comunicazione tra spazi a distanza) che ha una doppia contingenza (cosa trasmettono e quando ci si sintonizza).
Un poliziotto, sul luogo del ritrovamento del cadavere di Andy (seq. 47), vede la foto di Renée assieme all’uomo assassinato e Dick Laurent; il suo commento è che tutto quello che è capitato, i fili sottili che sottendono le relazioni tra quel cadavere, la morte di Renée e la trasfor-mazione di Fred in Pete, non possono essere dovuti al puro caso. Di fatto, la sintonizzazione tra spazio/tempi diversificati diviene l’occasione per tramutare l’arbitrarietà del proprio ricoprire dei ruoli attanziali che potevano essere assegnati ad altri (“Why me?”) nella seduzione fatale tra atti ed eventi che conduce fino a quel buco nero che è l’orizzonte stagliato di fronte a una strada maestra (un proprio futuro elettivo) irrimediabilmente perduta(o): è destino ricevere una pallottola sulla nuca.
Seguendo le omologazioni che abbiamo stabilito lungo l’analisi, possiamo suffragare la nostra interpretazione reclamandoci al fatto che, rispetto ai due operatori di registratore, la videocamera e la testa, è il mezzo filmico a siglare il sorpasso e la cattura del personaggio dentro i confini del testo; rispetto all’appaiamento delle due memorie (incarnata e macchinica), è quella umana, con la sua continua rifigurazione dell’esperienza, a surclassare la stesura lineare del film; rispetto alle fuorclusioni di controcampo (la macchina-cinema e il soggetto della visione) è la paradigmatica aperta degli spettatori ad assegnare una colpevolezza potenzialmente intrinseca al ruolo di fruitore (come nel caso di una perversa autocomunicazione). Nella sequenza della “strada perduta” è già tutto adibito il teatro argomentativo di questo appassionante fictional essay. Ecco che ogni imperio di un’istanza di significazione sull’altra è negato da un ribaltamento prospettico che rigetta il radicamento dei valori in un territorio alieno.

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