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Passioni e parodia: le dissonanze tematiche di Twin Peaks


Il prologo rilascia altre sorprese. Pete, sconvolto, telefona allo sceriffo, ma risponde Lucy Moran, la segretaria. La trasmissione delle notizie attraverso i moderni mezzi di comunicazione è stata notoriamente tematizzata ed esaltata nella sua velocità dal cinema dei primi decenni. Ora Twin Peaks non perde occasione per parodiare questi cliché, facendo diventare il semplice passaggio della comunicazione da Lucy allo sceriffo (che per di più sono nella stessa stanza) un’operazione laboriosa e lentissima. L’inserimento di tale scena “comica”, dopo la drammatizzazione del ritrovamento del cadavere e l’inizio di una ricerca cognitiva, dimostra benissimo la logica costruttiva di Twin Peaks, fondata su forti dissonanze tematiche, compensate dal mantenimento dell’intensità passionale. In seguito mostreremo come tali dissonanze portino alla progressiva disgregazione della verosimiglianza della storia, ma giungano ad attivare parimenti la totale paternizzazione della narrazione stessa. In pratica, si attua un terzo invito testuale e una terza cattura dello spettatore: invito a proiettarsi (cognitivamente e paternicamente) a livello della messa in scena, della sua onnipotenza (una specie di congiura dell’enunciatore e dell’enunciatario nel sovvertire cliché, l’unità di personaggio, nell’alternare sistemi di razionalità, nel poter giocare e godere dei “possibili narrativi”). Questa terza “cattura” si articola dunque con una piena derealizzazione del discorso che dissacra gli inviti testuali precedenti. Diremo che la grandezza di Twin Peaks sta nel riuscito equilibrio (alme-no nelle prime due serie) tra un piano di passioni enunciazionali e un coinvolgimento nelle passioni rappresentate.

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