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Atti linguistici: problemi di formalizzazione nella filosofia del linguaggio


Altri autori rivolgono una critica radicale a Austin e a ogni classificazione dettagliata degli atti linguistici, seguendo per certi versi la strada di Wittgenstein che vedeva nella dipendenza del significato dal contesto un ostacolo insormontabile a una vera e propria classificazione.

Levinson sostiene che una classificazione dettagliata degli atti linguistici è un’impresa poco utile dal punto di vista linguistico, perché il tipo di forza illocutoria è troppo dipendente dal contesto. Si potrebbero dunque considerare i tre atti linguistici fondamentali (asserzione, domanda, ordine) e lasciare al contesto il compito di disambiguare il significato dei nostri proferimenti.

Per Rechenbach ognuna di queste forze illocutorie deve essere espressa da segni del simbolismo logico, segni che, assieme al segno di asserzione di Frege, richiamino i segni usuali della lingua parlata (per l’ordine !- e per la domanda ?-). Ricordando che il senso è identificato con le condizioni di verità, possiamo dire che con la domanda ci chiediamo se le condizioni di verità sono soddisfatte, con l’ordine comandiamo che vengano soddisfatte e con l’asserzione asseriamo che sono soddisfatte. Il tentativo di Reichenbach, precedente ad Austin, non ha avuto grandi sviluppi.

A prescindere dalle possibili soluzioni, resta comunque ferma l’idea che non è possibile pensare a una teoria del significato che non abbia tra le sue componenti una teoria della forza.

Tratto da INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO di Domenico Valenza
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